venerdì 11 ottobre 2019

"Valkyrie" (2008) - "Operazione Valchiria"

 "Valkyrie" (2008), in Italia "Operazione Valchiria", è un film storico che racconta di come e perchè fu organizzato il quindicesimo (e ultimo) attentato alla vita di Adolf Hitler.


La scheda di "Valkirye" su wikipedia

 Poichè non si tratta di "Bastardi senza gloria", il finale è noto a tutti (tranne i negazionisti?), e in teoria ciò dovrebbe pregiudicare almeno in parte la tensione su cui un film del genere si basa. E invece questo pregiudizio si rivela del tutto errato, perchè il film riesce a essere assai coinvolgente nel raccontare la personale epopea del colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, un uomo degno di essere chiamato "uomo", che si ritrova quasi solo nel suo nella sua umanità tra i deboli e i fanatici che lo circondano, e ha il coraggio di sfidare il Reich tedesco dall'interno, per porre fine alla follia autodistruttiva in cui Hitler sta trascinando la Germania.
 Privo di un occhio, di una mano e di due dita dell'altra mano, Stauffenberg affronta comunque l'organizzazione dell'attentato, la difficilissima ricerca degli alleati, il costante rischio di tradirsi o di essere traditi, la necessità di rischiare tutto (anche la propria famiglia) pur di dimostrare al mondo che non tutti i tedeschi sono nazisti, il crescendo della complessità del piano (anche in termini di cosa accadrà dopo la morte di Hitler, di chi dovrà prendere il potere e di come dovrà farlo) e, infine, l'esecuzione dello stesso (con la conquista dei ministeri e distretti di Berlino).

 Pur basandosi su una scrittura così curata e puntuale da sembrare quasi asettica, la pellicola elargisce una narrazione compatta, fluida e definitivamente intrigante, in cui la tensione del complotto e le emozioni dei personaggi si alternano con un ritmo che non è proprio incalzante, ma non lascia tregua allo spettatore, mentre si inoltra nel lineare (!) labirinto della cospirazione che si va intessendo.
A creare questo particolare tono narrativo contribuisce anche una regia maniacalmente attenta ai dettagli, e assai abile nel ricostruire la cupa atmosfera della Germania nazista, dalle tetre architetture del Reich all'onnipresente iconografia rossa e nera della svastica, passando per le famigerate e stilisticamente impeccabili uniformi militari dell'epoca; un occhio di riguardo è dedicato in particolare alla articolata e contraddittoria psicologia degli ingranaggi della struttura organizzativa nazista, dagli alti gradi dell'esercito alle singole operatrici delle telescriventi.

  La colonna sonora è una presenza sottile, principalmente dedita a sottolineare con discrezione i momenti di maggiore tensione, e a intensificare il tono delle sequenze mute con un ibrido di torva solennità orchestrale e presagio di tragedia incombente (specialmente quando la regia si sbizzarrisce con sontuose inquadrature aeree di velivoli nazisti, distese di foreste, palazzi berlinesi, e luoghi sinistramente noti come il soffocante e livido bunker "La tana del lupo", o la residenza montana di Hitler chiamata Berghof). Come per narrazione e regia, anch'essa raggiunge un livello emotivo inedito nel lirico finale, in cui il tono sottilmente disperato ed epico di questa narrazione si trasforma in una toccante elegia degli sconfitti e una promessa di futuro riscatto da parte dei tedeschi che credono nella vera "Sacra Germania" .

 L'attore protagonista, Tom Cruise, è particolarmente convincente nel ruolo di Stauffenberg, forse per via del tono immancabilmente un po' snob e sprezzante della sua recitazione. Ma non è solo per questo che Cruise si trova perfettamente a suo agio nella parte: come già in altri suoi film (in cui scrive sempre un diario), sembra aver scelto di lavorare in questa pellicola proprio per poter interpretare il suo modello preferito di eroe solitario animato da una volontà e una tempra che lo portano a superare ogni traversia pur di giungere a un glorioso ed epico atto catartico finale (senza mai dimenticare la propria umanità, come ci ricorda il leitmotiv della famiglia, teoricamente al sicuro altrove, ma eroicamente consapevole di ciò che accadrà se la cospirazione dovesse fallire).
 Come ne "L'ultimo samurai", anche qui la volontà dell'eroe si realizza, persino nella sconfitta: dopo un'esecuzione narrativa trascinante, sebbene algida e un po' cerebrale, la vicenda culmina infatti in un inatteso apice emotivo, quando ormai il colpo di stato è fallito, e i capi della cospirazione vengono giustiziati uno a uno; prossimo a morte certa, Stauffenberg non solo ha cura di salvare i sottoposti che avevano creduto in lui (e persino un generale) ma ispira il più debole tra loro a presentarsi con dignità davanti al plotone ("Guardali negli occhi. Si ricorderanno di te."; il suo carisma e la sua umanità, poi, sono tali da ispirare nel tenente Werner von Haeften un ulteriore gesto di lealtà finale verso lo stesso Stauffenberg, all'atto della fucilazione, che non può non commuovere anche lo spettatore più cinico.

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