giovedì 10 ottobre 2019

"Stonehearst Asylum" (2014) - "Eliza Graves"

 "Stonehearst Asylum" (2014), in Italia "Eliza Graves", è un film molto liberamente ispirato a un racconto breve di Edgar Allan Poe, "Il sistema del dott. Catrame e del prof. Piuma", ma ben lontano dal suo tono grottesco e ironico.





Scheda di "Stoneheast Asylum" su wikipedia

 Classificato come thriller drammatico, il film si sforza di essere tale, nonchè di essere psicologico, nonchè di essere gotico, nonchè di essere progressista, nonchè di essere di denuncia, nonchè di essere illuminato, nonchè di essere romantico, nonchè di essere anche un pochetto comico e un pochetto orrorifico. E, alla fine, è stato così occupato a voler essere tutto, che non è riuscito a essere nulla.
 Se non fosse per il colpo di scena il finale, abbastanza inatteso quanto coerente, che la riscatta almeno in parte, questa pellicola potrebbe essere classificata come un volenteroso minestrone riscaldato con troppo brodo e troppe spezie atte a inseguire il gusto per le quote edificanti, attualmente di moda.

  Anche lo spettatore più a digiuno di Poe, dopo dieci minuti di visione, intuisce cosa c'è che non va nello sperduto manicomio di Stonehearst, in Inghilterra, perchè dai tempi di Poe l'idea è stata riciclata e abusata in ogni genere di produzione orrorifica, dai fumetti ai film ai videogiochi.Tutta la cura nel costruire l'atmosfera e le convincentissime ambientazioni del maniero isolato tra le nebbie, quindi, non basta a trattenere l'attenzione dello spettatore sul "mistero", nè a fargli sentire un vero brivido per il pericolo a cui il giovane dottorino Edward Newgate (interpretato da un ruffianissimo Jim Surtgess) va consapevolmente incontro, apparentemente in nome delle sue idee psichiatriche illuministe, ma in realtà perchè innamorato di una paziente (quella Eliza del titolo), la quale si rivela essere una nobildonna, vittima di un insensibile marito possessivo, alla quale il nostro dottorino farà riscoprire il piacere del contatto con gli uomini, conquistandola (e salvandola da un matrimonio infelice) con i suoi modi gentili e la sua capacità di chiedere scusa (che Eliza non ha mai riscontrato in un dottore). E così, il film si trasforma di colpo in una storia d'amore, che però è basata su uno schema noto e stranoto, esattamente come il "mistero" iniziale.
 Siccome però ciò non basta, gli autori ci cacciano dentro a forza un altro elemento estremamente usurato (estraneo al racconto di Poe), e cioè la condanna per i metodi ottusi con cui gli alienisti del 1800 curavano le donne e la loro presunta "isteria": è tutto vero, ovviamente, ma è anche una denuncia già sentita infinite volte (e soprattutto, i colpevoli sono morti e sepolti da tempo). A porre rimedio, nello scontro tra le due opposte mentalità "psichiatriche" (il termine è qui in anticipo sui tempi) che si scontrano in questo film è, ovviamente, una donna, e cioè l'assistente del direttore del manicomio, l'unica che sappia usare i metodi umani della comprensione (anche se, a onor del vero, i suggerimenti che fornisce al dottorino per fermare il suo folle nemico finiscono per distruggerlo, invece che curarlo dalla pazzia). Per buona misura, anche l'elettroshock viene opportunamente messo alla berlina, dato che tutto l'armamentario delle barbarie deve essere sfoderato (e a dire il vero ci chiediamo perchè nessuno tiri fuori due aghi da maglia per praticare una bella lobotomia estemporanea infilandoli nei dotti lacrimali).
 Il film si sforza comunque di essere imparziale, quando inscena l'autogestione del manicomio da parte dei pazienti: se è vero che i precedenti metodi brutali dei medici "sani di mente" causavano dolore senza guarire, è anche vero che i matti, lasciati al comando di tutto, possono solo mandare a rotoli la baracca. Ed ecco quindi la necessità di una sintesi tra i due mondi, portata da una donna, e ovviamente ottenuta solo con la complicità dello spettatore, che rinuncia a porsi domande pratiche del tipo come si regga l'intero istituito dal punto di vista finanziario e legale.

 Come la sceneggiatura e i dialoghi e la convenzionale colonna sonora, anche la regia è piena di buone intenzioni, e si impegna a fondo nell'illustrare le atmosfere nebbiose e claustrofobiche del maniero, nonchè il progressivo degrado dell'istituto. Soprattutto, si sforza di ingannare lo spettatore, come richiede la sceneggiatura, tenendogli nascosta la vera natura dei personaggi pur raccontando le cose dal loro punto di vista, o conducendolo su strade completamente errate. In almeno un caso, ci riesce. E' solo con questo risultato (conseguito nel finale) che si fa perdonare la durata di un'ora e 52 minuti del film, durante i quali la narrazione abbastanza lenta rischia almeno un paio di volte di ingolfarsi irrimediabilmente.

 Il cast di attori è abbastanza di lusso, includendo nomi come Kate Beckinsale, Ben Kingsley e Michael Caine, ma proprio come il film, non riesce a convincere, forse perchè manca una vera intesa tra i personaggi. I più convincenti, in definitiva, sembrano essere i soli Brendan Gleeson e Ben Kingsley, cioè il direttore e il più pazzo dei suoi pazienti, tanto che il loro scontro ruba la scena al protagonista (Jim Sturgess), il qualle si riprende solo grazie al gustoso colpo di scena finale. Si resta un po' perplessi per l'insipido ruolo di Kate Beckinsale, il cui personaggio di Eliza è una tale raccolta di stereotipi (bella, educata, affascinante, volitiva, progressista, intelligente, inarrivabile, angelica, vittima degli uomini cattivi, eccetera) da risultare piattamente finta: non ci si spiega come gli adattatori italiani abbiano potuto scambiarla per una protagonista al punto di intitolarle il film (in realtà ce lo spieghiamo benissimo, ma saremmo politicamente scorretti a dirlo)

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