giovedì 10 ottobre 2019

"From Hell" (2001) - "La vera storia di Jack lo squartatore"

"From Hell" ("La vera storia di Jack lo squartatore", 2001), con la regia di Albert ed Allen Hughes,  è un film liberamente tratto dal fumetto di Alan Moore ed Eddie Campbell, che racconta per l'ennesima volta la storia dell'assassino seriale che terrorizzò il quartiere londinese di Whitechapel nel 1888, uccidendo e mutilando orrendamente una serie di prostitute.


Sulla vera identità di questo assassino, storicamente mai individuata, sono stati versati i cosiddetti fiumi d'inchiostro, per formulare le ipotesi più disparate (dai membri della famiglia reale al coltello maledetto in cui dimoravano essenze maligne Lovecraftiane). Il titolo italiano è ingannevole, mentre quello originale, letteralmente "Dall'inferno", è tratto da una delle famigerate lettere che il presunto squartatore avrebbe inviato alle autorità dell'epoca. L'esistenza di una ipertrofica letteratura su questo caso è probabilmente ciò che toglie interesse alla maggior parte del film, conferendogli un ricorrente sentore di "già visto" che rende la visione abbastanza soporifera. A contribuire alla noia contribuisce una scansione narrativa lenta e puntigliosa, che semba mutuata direttamente dai fumetti di Moore: la differenza è che, quando stai leggendo un suo fumetto, puoi accelerare la lettura e imporre alla narrazione il ritmo che ti è congeniale; se stai guardando un film tratto da una sua opera, accelerare o saltare le scene significa compromettere il piacere della visione e la comprensione dell'opera, per cui la minaccia dello sbadiglio è inevitabile.
Sempre mutuata da Moore sembra essere l'impostazione ideologica e manichea (nonchè sciovinista) per cui le donne sono tutte sante e intelligenti, specialmente se povere (oltre che prostitute), mentre gli uomini sono per definizione malvagi (specialmente se potenti) o stupidi (e quindi asserviti al potere), con la debita eccezione del protagonista (che comunque è un paria, e viene sconfitto dai suoi simili).

Per i "primi" 90 minuti, il film stenta a decollare: la narrazione è lenta, le scene di violenza sono così sbiadite da spingere a chiedersi chi abbia mai classificato questa pellicola come un film dell'orrore, le scene oniriche sono tanto inutili quanto sonnolente, l'insistenza sulla caratterizzazione del gruppo di prostitute a discapito di tutto il resto stanca in fretta, e la presunta minaccia di Jack sembra più astratta e immaginata, che reale. In poche parole: in questo film, Jack lo squartatore ispira di tutto tranne che paura.
Solamente negli ultimi 30 minuti la narrazione ingrana la marcia, e riesce finalmente a catturare l'attenzione dello spettatore, regalandogli un po' di azione, una parvenza di trama (e non un cumulo di cose che accadono percaso), e qualche colpo di scena, tra cui l'audace e inattesa scelta di infliggere una totale sconfitta al protagonista (l'ispettore Abberline non corona la sua storia d'amore, non punisce "Jack", e muore solo), e infine la rivelazione delle colpe della Massoneria nella genesi dell'assassino seriale.
Anche sotto questo aspetto, però, il film si rivela carente: forse nel paradossale tentativo di non annoiare il pubblico con le informazioni, la sceneggiatura dà per scontato che tutti quanti sappiano cosa sia l'organizzazione segreta dei Massoni, come si comportino i suoi adepti, quale sia il suo mito dell'origine che la lega ai costruttori del biblico tempio di Salomone, quali siano le sue regole e così via. Allo spettatore perplesso viene quindi consegnata solo la fumosa impressione di un'inutile organizzazione segreta di ricconi e potenti che passano il tempo libero a recitare ridicole filastrocche di iniziazione, ma di nascosto, e che non si capisce perchè ma è potentissima e influentissima. Per quale motivo questa gente debba agire nel nome della Regina Vittoria, oppure farsi legge da sè, resta un mistero.

Johnny Depp interpreta il fiacco ispettore Abberline con la mollezza remissiva necessaria a caratterizzare questo zerbinotto che si droga con assenzio e laudano, ricordando a chi conosce il fumetto originale quanto il personaggio sia diverso dal rozzo ispettore che Moore aveva delineato: questo cambiamento per la versione cinematografica è coerente con l'approccio slavato e annacquato della regia e della sceneggiatura.

Se la regia di questo film risulta quindi impersonale e opaca, presa com'è dall'inseguire certe pretenziose ossessioni personali, non ci si può invece lamentare delle scenografie e della ricostruzione della sporca e soffocante Londra di fine 1800 (limitata a un quartiere e ai palazzi reali), popolata da una torma di disperati che dovevano ingegnarsi in tutti i modi possibili per tirare a campare. La colonna sonora, coerentemente con la regia, fornisce il minimo sindacale necessario per sottolineare i momenti più emotivi della vicenda, ma non resta minimamente impressa.

Tra i pochi momenti visivamente davvero felici della pellicola ci sono la trovata della scaletta estensibile a scatto della carrozza personale di "Jack", la quale si estende in posizione nei momenti cruciali del film, e con la sua fulminea repentinità assume una forte valenza simbolica e narrativa, che l'accomuna al coltello di "Jack". Anche la scelta di dotare la detta carrozza di due faretti con luce di improbabile colore verde, è da segnalare come una delle poche immagini inquietanti di un film in definitiva molto debole.

Forse sarebbe andata meglio se la regia avese rinunciato alle proprie velleità nel voler discettare banalmente di ragione e sentimento, scienza e magia, nonchè dell'ipocrisia della Londra vittoriana e della sua società classista (argomento onestamente già noto fino alla nausea e che non necessita di essere nuovamente ribadito con la solita sequenza di prediche indignate), nonchè della barbarie della lobotomia (considerando anche il recente film "The Stonehearts Asylum", sembra che nel 1800 tutti quanti finissero lobotomizzati).

Da segnalare infine l'apparizione di Joseph Merrick, "l'uomo elefante", personaggio storico vissuto in quell'epoca e reso famoso dalle orrende deformazioni del suo corpo, causate dalla rarissima sindrome di Proteo. Questa apparizione è del tutto irrilevante per il resto del film (e magari la si sarebbe potuta tagliare per dare più spazio alla caratterizzazione della Massoneria), ma usare il personaggio di Merrick è ormai divenuto un obbligo per chiunque ambienti la propria opera nell'Inghilterra vittoriana; e con questa osservazione ritorniamo quindi allo sbuffo di noia iniziale, quello derivante dal sentore di "già visto".

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