venerdì 11 ottobre 2019

"Inception" (2010)

 "Inception" (2010) è un film di fantascienza contemporanea, incentrato su un gruppo di "mercenari" che ha la tecnologia e le competenze per accedere all'inconscio delle persine e manipolarne i pensieri. Con inception si intende l'inizio (o il concepimento) di un'idea da parte di una persona, con la differenza che in questo caso il concepimento avviene dopo l'inseminazione di un agente esterno.

Scheda di "Inception" su wikipedia

 "Inception" è un film mirabolante che col tempo (e con ogni nuova visione) non fa che migliorare, come un elaborato puzzle che svela continuamente tasselli nuovi, dimostrando di essere stato concepito e realizzato come un gioco a incastro pressochè perfetto in tutti i dettagli.

  La magnifica architettura (non a caso) narrativa, cerebrale e labirintica, ma travolgentemente chiara nella sua impeccabile e sfaccettata logica, è articolata intorno a un argomento irresistibilmente affascinante come il mondo dei sogni e dell'inconscio, qui declinato in un modo originalmente razionale, lucido, surreale e audace (non si tratta infatti di sogni "naturali", e quindi squinternati e caotici, ma di costrutti artificiali in cui irrompe l'inconscio del sognatore).

 Nella bizantina e cristallina sceneggiatura, dove si alternano visioni monumentali e concetti psicanalitici e favolose sequenze d'azione letteralmente mozzafiato, si muove con grande sicurezza un gruppo di attori sorprendentemente azzeccati e in sintonia, che per una singolare coincidenza sono tutti comparsi in film commentati di recente o quasi: dal protagonista Leonardo Dicaprio con il suo doloroso e pazzesco segreto dell'inconscio, a Ken Watanabe nell'immancabile versione "eroica", passando per il beffardo Tom Hardy e il leccato Joseph Gordon-Levitt (visto di recente in "Don Jon", che prima o poi commenterò); e c'è anche Ellen Page (vista come "Kitty Pryde" nella saga cinematografica degli X-Men), che interpreta con perizia un solido ruolo che curiosamente la rende più "Kitty Pryde" qui che nei film dei mutanti Marvel.

  Coerentemente con l'impianto narrativo e le ambizioni della sceneggiatura, la regia si dimostra abilmente visionaria e audace, nel visualizzare scenari di titaniche architetture urbane che si arrotolano o collassano o si sfaldano (nel favoloso crepuscolo del limbo), nonchè acrobazie di inseguimenti e in hotel senza gravità, col costante corredo di eccellenti effetti speciali, catturando magneticamente lo spettatore e trascinandolo letteralmene nella narrazione, proprio come i protagonisti sprofondano progressivamente in un sogno dentro l'altro, tanto da immedesimarsi con qualunque personaggio in azione in quel momento (o almeno immaginarsi di essere al suo fianco a provare quelle incredibili sensazioni).

 L'intensa e coinvolgente colonna sonora ci regala pezzi inediti notevoli come "Mombasa" (in seguito ottimamente rielaborato dai 2Cellos), classici di grande bellezza come "Non, Je ne regrette rien" di Edith Piaf e l'impagabile emozione musicale dell'apparente e struggente trionfo finale.
Ma la vera sorpresa delle musiche sta nella sintonia totale con i concetti della sceneggiatura, come lo spettatore capisce quando si rende conto (o gleilo dice un amico più accorto) che il tema musicale dei sogni dentro i sogni è sempre lo stesso, ma rallenta in accordo con la diversa scala temporale di ognuno di quei mondi onirici.

  Lo spettatore riceve la prova finale di aver goduto di una pietra miliare della narrazione fantastica quando, a visione conclusa, si ritrova a interrogarsi sulla consistenza delle premesse fantascientifiche del film, nonchè sulla solidità degli incastri logici di ogni singolo evento cruciale della storia, cogliendone tutti i rimandi sottili che si dipanano come i fili di un arazzo (nel finale, l'intuizione dell'impianto di idee viene al protagonista quando viola la regola, esposta in apertura, del totem personale che nessun altro deve toccare).
 E da qui si arriva ovviamente all'enigma del sibillino finale che ci lascia incerti su ciò che abbiamo visto: la trottola non smette di ruotare, ma l'effetto sonoro lascia intendere all'ultimo secondo che essa abbia cominciato a vacillare. Il volto dei bambini compare, eppure nei ricordi del protagonista era sempre occultato (ma il protagonista saprà pure che faccia hanno i figli, anche senza averli guardati l'ultima volta che è stato con loro, no?). La logica più prosaica vuole che, dopo essere sceso così in profondità nel imbo, perdendo tutte le occasioni di risveglio, il protagonista vi sia rimasto intrappolato: ma se così fosse, come può ora trovarsi semplicemente in un altro sogno?
E quindi qual è la risposta? E' uscito dal sogno o il suo corpo sta vivendo in uno stato comatoso?

Michael Caine ha raccontato di recente che la seconda risposta è quella giusta, ma è più appagante per lo spettatore l'impresa di trovarsene una propria, in quanto significa imbarcarsi in una ricerca che permette di gustarsi i particolari di questa memorabile pellicola ancora più a fondo (insomma è una scusa per riguardare il film).

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