giovedì 10 ottobre 2019

"Triple 9" (2016) - "Codice 999"

 "Triple 9" (2016), in Italia "Codice 999", è un solido film nero e poliziesco, il cui fascino oscuro consiste nel saper mescolare il poliziesco e l'hard boiled con una robusta e lucida crudezza, orientata alla riflessione amara, e nel mantenersi rigorosamente distante da qualunque forma di compiacimento e guardonismo della violenza.

Scheda di "Triple 9" su wikipedia

  Lo scenario è quello di una città (Atlanta) dall'architettura fredda e indifferente, dove l'elite finanziaria dimora in palazzi monumentali, mentre il brulicante formicaio tatuato dell'etnia ispanica è annidato in edifici popolari di una periferia degradata e labirintica. E in entrambi i mondi, con la Polizia a fare da cuscinetto tra i due, dominano il crimine organizzato: la mafia russo-ebraica tra i ricchi, e la Mara Salvatrucha tra i disperati sudamericani.
 La narrazione, corale e riccamente articolata, segue un gruppo di poliziotti corrotti, che compiono rapine ad alto rischio per conto di una feroce matrona russo-ebraica che mira a liberare dal carcere russo il proprio potentissimo marito; a contrastarli, un investigatore della Polizia con problemi di alcolismo, e il nipote, poliziotto "novellino" e idealista che finisce invischiato fino al collo nei piani dei colleghi.
  E' un campionario di sofferta e dolente umanità quello che viene messo in scena, lontano da tentazioni manicheiste: tutti i personaggi, in modo più o meno accentuato, oscillano tra il desiderio di decenza e la tentazione delle corruzione, e il motore quasi unico di ogni loro decisione è l'amore per la famiglia, che si tratti di figli rapiti, nipoti adorati, fratelli deboli e confusi. E' questo faro delle loro vite a condurre a rari atti eroici oppure a gesti di inaudita, brutale e realistica violenza che colpisce con forza lo spettatore, lasciandolo senza fiato davanti alle ossa rotte, al sangue che scorre, alle microbombe e ai colpi di pistola a bruciapelo.
 In apparenza al servizio di una vicenda tutta azione, violenza sistematica (agghiaccianti sono i fulminei spaccati sui mafiosi russo-ebraici che eliminano gente scomoda), intrigo e scontri a fuoco, la lineare sceneggiatura offre invece una narrativa quasi epica, nella sua ragionata e attenta caratterizzazione e motivazione dei personaggi, nonchè una solida e lucida struttura della trama, la quale segue con cura tutti i fili narrativi, riannodandoli meticolosamente in un finale articolato e generoso che si concentra progressivamente, come la luce di un raggio laser, fino a divenire un punto infinitesimale che chiude definitivamente la vicenda, lasciando una sensazione di amara completezza nello spettatore.

  A fianco di una regia impietosa e lucida, la sceneggiatura procede con un ritmo che può sembrare lento, ma che è invece quello ideale, nella sua sicura pacatezza, per delineare senza sbavature i dilemmi, il dolore, le contraddizioni, la violenza e l'inganno che formano il tessuto sociale segreto della città.
 E' così che il film riesce a essere specificamente "di genere" e contemporaneamente a evitare di ricadere nelle categorie più banali (come "action", "thriller" e "di denuncia") che ne limiterebbero la portata e appesantirebbero la fruizione.
  Lo stesso discorso vale anche per le tipologie dei personaggi: sebbene si tratti di figure assai comuni nell'ambito del film nero, la forza del film sta nella nitidezza in cui le delinea progressivamente, man mano che le fa interagire, svelandone gli aspetti più personali e i conflitti interiori che le guidano od ostacolano.
 Il codice 999 ("triplo nove") del titolo è quello utilizzato dalle forze dell'ordine per segnalare l'uccisione di un poliziotto: è l'elemento diversivo che i poliziotti corrotti vogliono usare per il loro ultimo colpo, ed è anche il preludio all'inattesa e meditata risoluzione della vicenda, durante la quale il gruppo dei protagonisti viene sfoltito e "sistemato" con una inesorabile operazione di chirurgia narrativa.
Il nutrito cast pesca liberamente dal mondo del cinema e della tv, e si destreggia bene nell'assecondare le due principali esigenze della sceneggiatura: dare vita a personaggi più o meno "marci" che però sono spinti da motivazioni umanamente comprensibili, e nello stesso tempo sottolineare l'incomunicabilità che impedisce una vera comprensione tra la maggior parte di loro (riflettendo specularmente l'alienazione e la compromissione di Atlanta come città, delle istituzioni e delle stesse organizzazioni criminali).
Si pecca solamente nella scelta un po' esplicita di facce programmatiche per la parte dei "buoni" e dei "cattivi" (Woody Harrelson e Casey Affleck sono ovviamente brave persone, lo si capisce sin da quando entrano in scena).
Da segnalare Kate Winslett, spaventosamente adatta a interpretare una spietata mafiosa russo-ebraici che decreta atroci punizioni sanguinolente e omicidi con la stessa naturalezza con cui adora il nipotino avuto dalla sorella e da uno dei poliziotti corrotti.

Nessun commento:

Posta un commento