venerdì 13 maggio 2022

"Snake Eyes: G.I. Joe Origins" (2021) - "Snake Eyes: G.I. Joe - Le origini"

"Snake Eyes: G.I. Joe Origins" (2021), in Italia "Snake Eyes: G.I. Joe - Le origini", scritto da Evan Spiliotopoulos e diretto da Robert Schwentke, è un film d'azione statunitense basato sulla linea di giocattoli G.I. Joe.

Sulla falsariga di The Transformers, negli anni 2000 anche altre linee di giocattoli della casa produttrice Hasbro hanno tentato la via cinematografica, senza però riuscuotere successo al botteghino. E' il caso del militaresco G.I. Joe, linea di bambole militari che ha esordito nel 1964 e che si è trasformata in G.I. Joe: A Real American Hero nel 1982, assumendo la connotazione narrativa tutt'oggi nota: G.I. Joe è una squadra antiterrorista d'elite che combatte la potente organizzazione terrorista internazionale di Cobra.

Tra il primo film (2009) e il secondo (2013) passarono quattro anni. Tra il secondo e quello in esame, otto anni. Il prossimo quindi uscirà nel 2037.

 Inevitabilmente, Snake Eyes è un riavvio narrativo, che azzera quindi quel poco di continuità che era stata imbastita coi primi due film (una direzione dilettantesca, se consideriamo che i film del ciclo moderno di The Transformers si riavviano a vicenda, a volte contraddicendosi durante il film stesso). 

A differenza dei precedenti, questo film sceglie di partire a cose già fatte, concentrandosi su un ristrettissimo gruppo di personaggi dei giocattoli, di cui solo uno veramente famoso: in un mondo dove G.I. Joe e Cobra già esistono, la pellicola segue le traversie di un giovane asiatico che vuole vendicare l'uccisione del padre da parte di anonimi criminali e si mette quindi al servizio di uno Yakuza per poi infiltrarsi nel nobile Clan dei ninja di Arashikage, in Giappone, tradendo tutti e sottraendo un gioiello "soprannaturale" che lo Yakuza desidera a tutti i costi.

Il giovane in questione è la nuova versione di Snake Eyes, il tormentato ninja caucasico di G.I. Joe che è caratterizzato dall'avere il volto orrendamente sfregiato (sempre coperto da una maschera) e dal non parlare mai. Nel film, infatti, Snake Eyes è un personaggio loquace, interpretato dall'attore malaysiano Henry Golding, un belloccio decisamente più a suo agio con film di altro genere, fisicamente fin troppo prestante e "pompato" per l'agilità e velocità richieste a un ninja, perennemente impegnato a farsi inquadrare in primi piani in cui sfoggia espressioni intense sul suo viso piacente, quando non si fa rubare platealmente la scena da altri attori nelle scene di combattimento (essendo questi davvero esperti di arti marziali).

Se non basta questo a capire con che ideologia è stato gestito il film, citiamo anche la Baronessa Anastasia De Cobray di Cobra, ben noto stereotipo della formosa dominatrice europea decadente in tuta di pelle con un nome a metà tra Francia e Russia: qui è interpretata da un'attrice spagnola al limite della parodia, dato che sembra una domestica che si è messa i vestiti della padrona di casa ma non ha avuto tempo per andare dal parrucchiere. Tanto valeva usare il nome dell'attrice, Ursula Corberò, modificare il cognome in Cobrerò e chiamarla La Marchesa.

La vicenda ruota tutta intorno alla formazione e all'iniziazione di Snake Eyes tra le fila dei ninja del clan Arashikage, ed è infarcita di acrobatici duelli all'arma bianca tra gli eroi e dozzine di ninja nemici un po' imbranati: il tono oscilla tra il genere della vendetta melodrammatica e quello del wuxia (le arti marziali), alzando sempre più la posta della spettacolarità e dell'esagerazione col procedere della trama (memorabile, in negativo, la vecchia capoclan di Arashikage che si esibisce in una piroetta volante che scavalcherebbe una casa, brandendo i tessen, i ventagli da combattimenti giapponesi). A questo approccio da videogioco estremo, si contrappone un certo sforzo nella costruzione dell'intreccio, con qualche colpo di scena (non proprio inatteso) che sconvolge ripetutamente il poco onorevole Snake Eyes, ma la sensazione è che queste pretenziose parentesi di approfondimento/motivazione siano solo una scusa, durante la quale bisogna nascondere la noia degli autori, per arrivare alla successiva scena di improbabili combattimenti.

Questa doppia natura si nota anche in come il regista metta un grande impegno nel dare un'impronta d'autore alla pellicola: il suo volenteroso talento si infrange infatti contro lo scoglio di una sceneggiatura pensata per piacere agli amanti dei videogiochi picchiaduro e a chi si fa incantare da un po' di effetti speciali conditi con misticismo dozzinale. Poco può fare anche per le caratterizzazioni infelici, come nel caso della sventurata responsabile della sicurezza di Arashikage, una certa Akiko che si comporta come un'adolescente obnubilata dalla propria biologia in tumulto (curiosamente, ciò fa a pugni con la scelta ideologica di piazzare la Contessa e Scarlett come le sole rappresentanti di Cobra e G.I. Joe, omettendo deliberatamente i veri capi, perchè maschi, cioè il Comandante Cobra e Duke). A salvarsi, ma non si capisce se sia merito del regista o della sceneggiatura, è soprattutto colui che diventerà Storm Shadow, personaggio che tradizionalmente si mantiene sempre in ambiguo bilico tra bene e male, e che anche nel film segue un percorso coerente (a differenza di Snake Eyes).

Oltre alla terribile scelta degli attori associati ai giocattoli più famosi (in cui va inclusa anche Scarlett O'Hara, qui un'anoressica con i capelli palesemente tinti di rosso), a tradire lo spirito di G.I. Joe è soprattutto la quasi totale assenza di componente militare tradizionale: è vero che i ninja giocano un grande ruolo nella costruzione narrativa del fumetto originale Marvel di G.I. Joe: A Real American Hero, ma è anche vero che non ne costituiscono l'ossatura nè lo stampo. Di conseguenza, mettere G.I. Joe nel titolo di questo film (insieme alla parola "origini") è una turlupinatura e una presa per i fondelli.

Si rivela infine totalmente deludente, andando oltre la pur volenterosa costruzione dei "colpi di scena" della trama, la formazione di Snake-Eyes, nonostante lo sforzo di redimerlo nella scena in cui rinucia dolorosamente alla vendetta, risparmiando la vita al sicario di suo padre: se il vero personaggio in questione ha alle spalle lunghi anni di addestramento per diventare un ninja letale e silenzioso, la sua brutta imitazione cinematografica è invece un picchiatore di lotte clandestine che diventa un ninja in pochi giorni e,  chissà per quale motivo recondito oltre al dover somigliare al giocattolo, alla fine del film riceve in regalo una "fichissima" tuta con iconica maschera (per coprire il suo bel viso privo anche del minimo graffietto) con cui andarsene in giro in motocicletta.