martedì 15 ottobre 2019

"Logan" (2017) - "Logan - The Wolverine"

 "Logan" (2017), in Italia "Logan - The Wolverine", diretto da James Mangold, è un film supereroistico appartenente al filone narrativo degli X-Men, ma diverso da tutto il resto della produzione supereroistica recente, non solo per la distanza dal tono narrativo sguaiatamente carnevalesco che intride le altre produzioni cinematografiche Marvel (il cosiddetto Marvel Cinematic Universe, in cui imperversa implacabile l'umorismo coatto preteso dalla proprietaria, la Disney), ma anche per la natura "ipotetica" della narrazione (ambientata in un futuro alternativo in cui ai personaggi può succedere letteralmente di tutto).
 Essendo ambientato in un futuro possibile dell'anno 2029, il film gode di una vantaggiosa libertà che ai lettori di fumetti è ben nota per la sua relativa rarità: violare la regola per cui ai supereroi (ma ovviamente non solo quelli), ormai diventati icone commerciali, è proibito invecchiare e morire nelle serie regolari. I pochi tentativi della Marvel negli anni 1980 e 1990 in questo senso ebbero vita breve; alla DC, invece , il discorso generazionale riuscì meglio ed ebbe una ragionevole durata: dalla morte di Flash (Barry Allen), che resistette qualche decennio prima di essere rinnegata, al figlio di Green Arrow che raccolse il testimone del padre, alla dipartita di Green Lantern (Hal Jordan) cui succedettero Lanterne più giovani, ai supergruppi come la Justice Society Of America che aveva cura di invecchiare i supereroi classici e di accogliere i vari "figli d'arti" per preparare la futura generazione di eroi. In tutti i caso, però, gli autori dovettero infine ideare trucchi per riportare la situazione allo status quo più convenzionale e universalmente noto, per essere certi di rendere allettanti questi fumetti anche e soprattutto per il lettore occasionale. 
 Tornando alla Marvel, nell'ambito degli X-Men, il loro nume tutelare, Chris Claremont, pur avendone scritto le storie per decenni, trasformandoli in un successo internazionale e in una macchina per fare soldi (nonchè generare testate "figlie" dedicate a una pletora di gruppi X), negli anni 1990 si vide bocciare i suoi intriganti tentativi di evolvere gli X-Men con un progressivo ricambio generazionale: idee come la morte del Professor X, oppure l'invecchiamento e l'uccisione di Wolverine (che poi sarebbe divenuto uno zombi al servizio della malvagia organizzazione mistico-marziale nota come "La Mano"), destinate a ricomparire poi in altra forma e per mano di altri autori.
 Le cose sono cambiate solo di recente, quando nel 2013 la Marvel ha deciso di sfruttare le idee di Claremont, ma senza riconoscergli la paternità. Ed ecco quindi la scelta di eliminare Wolverine per sostituirlo definitivamente (?) con una sua versione femminile in Death of Wolverine: da questa storia, e dalla serie Old Man Logan (ambientata in un futuro alternativo in cui Wolverine è sensibilmente invecchiato, e si sposta infine nella nostra realtà perchè la Marvel non vuole mai buttare mai via niente) prende piede il film "Logan".

 Con una premessa che garantisce una tale libertà narrativa, gli autori si possono scatenare nel dipingere il classicissimo futuro drammatico a tinte fosche, qui però delineato in termini più sottili rispetto alla palese tragedia globale di film come "X-Men: Days of Future Past".
 In "Logan", il celebre sogno a là Martin Luther King del professor Charles Xavier, e cioè la coesistenza pacifica dell'homo superior e dell'homo sapiens, senza odio e discriminazione, è andato in frantumi: la sua "scuola per giovani dotati" non esiste più, i suoi migliori allievi sono morti, da due decenni non nascono nuovi mutanti, e Xavier stessko è diventato un vecchio malato di demenza e dai poteri fuori controllo, costretto a nascondersi dall'orrore che ha causato involontariamente, affidandosi alle cure di altri due mutanti superstiti che, come lui, sono sconfitti, malati e  privi di una qualunque speranza per il futuro. Costoro sono Wolverine, il cui fattore rigenerante sta progressivamente perdendo efficacia, e Calibano, la cui pelle albina lo obbliga a vivere sempre al chiuso.
 La narrazione ha un tono amaro, quasi deprimente, degno dello stoico filone fumettistico "morte e distruzione" del miglior Chris Claremont. Mentre questo "crepuscolo degi eroi" prende progressivamente forma, lo spettatore si chiede: è la fine dell'Era delle Meraviglie, la Marvel Age?
 Neppure le scene di azione, in cui un imbolsito Wolverine riesce comunque a dare il fatto loro ai soliti teppisti ispanici e piantagrane di varie categorie, riescono a stemperare l'amarezza di assistere al tramonto di due personaggi iconici come Wolverine e il Professor X, ancor più significativo perchè rappresentativo di un mondo che perde per sempre i suoi difensori e si piega sotto il giogo di una tecno-econocrazia (nel senso che sono gli interessi del mercato a stabilire le modalità dell'esistenza delle persone e i loro diritti).
 Ma siccome questo è anche un film di supereroi classico, non può mancare la rivelazione di una trama portante che denuncia l'esistenza di un complotto mondiale dietro la situazione attuale: è stato tramite il controllo alimentare della popolazione, che una multinazionale ha di fatto soppresso le deviazioni genetiche che portano alla nascita di umani mutanti.
 C'è quindi un nemico che agisce dietro le quinte.
 Ma è sufficiente l'esistenza di una cospirazione che può essere combattuta, per consolare lo spettatore? Solo in parte, perchè non ci vuole molto a rendersi conto di come questo futuro sia in realtà una metafora del nostro presente: cos'è infatti il condizionamento della vita delle persone tramite il cibo, se non un parallelo dell'intorpidimento globale che l'iperconnessione permanente a internet causa alle nuove generazioni, le quali vivono ora una vita maniacalmente individualista in un mondo virtuale, beatamente ignare che intanto, nella realtà i loro fondamentali diritti vengono alienati e trasformati in merci per cui bisogna pagare?
 La cospirazione va oltre il semplice controllo del DNA dei cittadini: in Messico, la multinazionale Transigen, con l'aiuto di Zander Rice (figlio dello scienziato che creò lo scheletro di adamantio di Wolverine), ha creato una generazione selezionata di bambini mutanti da trasformare in perfetti soldati. Dopo la fuga dei bambini, una dei quali si rivela essere una copia femminile di Wolverine, e quindi tecnicamente sua figlia, la narrazione prende per un istante una piega positiva di speranza per il futuro: esiste una nuova generazione mutante, nonostante tutto, e ora bisogna portarla al sicuro, a costo di imbarcarsi in un pericolosissimo viaggio su strada attraverso gli Stati Uniti.
 Ma ancora una volta, è la disperazione che torna ad avere il sopravvento: esiste davvero un luogo dove le giovani cavie possano essere al sicuro dalla tentacolare Transigen?
 La meta di salvezza, un luogo chiamato Eden, indicato dalla bambina tramite precise coordinate geografiche, non è forse solo una fantasia basata su un fumetto di supereroi, e alimentata dalle allucinazioni del Professor X?  Che speranza hanno, un vecchio paralitico demente e un selvaggio assassino il cui corpo sta soccombendo al veleno del suo stesso scheletro di adamantio,  di portare a termine questa missione, braccati come sono da un esercito di mercenari cibernetici?  

 Coerentemente col tono mantenuto finora, il film sviluppa e conclude tutti questi elementi secondo la logica catartica del riscatto tramite il sacrificio definitivo, per consentire il passaggio del testimone generazionale.

 Oltre alla goduriosa abbondanza visuale di artigli sanguinolenti sfoderati ovunque per decapitare e tranciare e squartare e infilzare in ogni modo l'infinita schiera di mercenari della Transigen, è soprattutto l'unità narrativa tragica a costituire il punto di forza dell'atto di chiusura di questo dolente film  incentrato sull'eroica fine dell'epoca dei mutanti e sulla rinascita che la nuova generazione porterà. Un po' meno convincente è invece il non-dilemma con cui Logan vive e accetta la propria improvvisa paternità, forse perchè il personaggio calca un po' troppo il ruolo del burbero guerriero che sa di portare solo dolore nelle vite dei propri cari.  
 Ovviamente, come già dicevamo, l'industria dell'intrattenimento non consente di eliminare le icone più popolari, Se la citata scomparsa fumettistica di Wolverine è stata seguita dall'arrivo del suo futuribile alter ego anziano tra gli X-Men del presente (senza citare qui le porte girevoli del "paradiso dei mutanti", che dai tempi della prima morte di Fenice ha generato una sequenza di resurrezioni senza fine), nell'universo cinematografico sono stati gli eventi del film "X-Men: Days of Future Past" a far ripartire l'intera linea temporale, alterandola sin dagli anni 1970, e azzerando o quasi ogni sviluppo cinematografico finora visto, compreso il futuro di "Logan": e ciò riconduce anche i film dei supereroi nell'alveo narrativo dei fumetti Marvel.

 Nella narrazione c'è spazio anche per due "cattivi" di lusso, oltre al già citato Zander Rice: uno è il famigerato Donald Pierce, che nei fumetti esordì come cyborg umano e potentissimo industriale, nonchè membro del tenebroso Club Infernale di New York; l'altro è Wolverine stesso, clonato col nome di X-24 per essere la perfetta macchina assassina che Logan non ha voluto essere (e che ci riporta alle idee di Chris Claremont che ai suoi tempi furono bocciate).
 Anche X-23, cioè la "figlia" di Wolverine, proviene da altri media, ma il suo percorso è più tortuoso: creata per una serie animata degli X-Men, è stata poi introdotta anche nell'universo fumettistico Marvel.
 Piccola apparizione per Rictor, un mutante capace di generare scosse sismiche, qui annoverato tra i bambini creati dalla Transigen: considerando che Rictor faceva parte dell'atroce "nuova generazione" creata dalla mediocre scrittrice Louise Simonson, a imitazione del lavoro di Claremont, il destino di oblio a cui va incontro il gruppo di marmocchi di mutanti alla fine di questo nuovo film sembra segnato. Non a caso, la trama stessa non si sbilancia minimamente su cosa sia davvero "Eden" e sul perchè i bambini saranno al sicuro, una volta superato il varco tra le montagne: davvero esiste  un luogo "sicuro", in un 2029 in cui una multinazionale può scatenare una guerra nel cuore degli USA senza avere che difficoltà minime con le forze di Polizia? E' più probabile e realistico che questa scorciatoia narrativa si traduca invece nell'ennesima trappola per i mocciosi.

 Le interpretazioni dei due protagonisti del film sono particolarmente azzeccate. Da un lato, c'è l'intensa e sofferente prestazione artistica  di Hugh Jackman, a suo agio nei convincenti panni di un Wolverine invecchiato, indebolito, che arranca a ogni passo, che desidera e pianifica la propria morte, ma non cede per il bene prima di Xavier e poi della "figlia" che ha scoperto di avere, fino a mutare il proprio destino di sconfitta in un eroico sacrificio in cui, prima di sconfiggere i propri nemici, Wolverine sconfigge la parte peggiore di se stesso. Dall'altro lato c'è Patrick Stewart nei panni dell'anziano e indifeso Professor X, che coi suoi (apparenti) vaneggiamenti e i suoi dialoghi così lamentosi e intrisi del bisogno di un invalido, commuove chiunque abbia visto un proprio parente cadere vittima di una devastante malattia neurologica come il morbo di Alzheimer.
 E' inoltre da segnalare l'energica e sfacciata prova di Boyd Holbrook, che riesce nell'impresa memorabile di rendere accattivante e quasi simpatico un malvagio come il cyborg Donal Pierce, nonostante le sue azioni brutali, violente e inumane di certe scene; forse è perchè comunque dare vita a un personaggio più antipatico e piatto dell'originale a fumetti era impossibile, ma Holbrook definisce un Pierce a suo modo capace, determinato e pure dotato di un umorismo brillante, che offusca persino le sue scene più atroci e riprovevoli (le quali sembrano quasi una forzatura degli sceneggiatori che, resisi conto che il personaggio era fuori controllo, hanno grottescamente calcato la mano per renderlo esecrabile agli occhi dello spettatore).

 Come ci si aspetta sempre da questi film di supereroi, la cura della fattura tecnica è elevata. Sceneggiatura ben costruita (carente forse solo delle scene della orribile morte degli X-Men e dell'identità del vero "Eden); ritmo narrativo costante ma non concitato (anche perchè in un film con un sottofondo amaro come questo non ha senso); scene di battaglia spettacolari ma senza esagerare; discreto uso di effetti speciali per i poteri più scenografici dei bambini mutanti; regia competente, capace di seguire i personaggi da vicino e dare la giusta collocazione geografica senza dilungarsi sui paesaggi; dialoghi e caratterizzazioni opportunamente affilati, chiari e concisi.

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