venerdì 11 ottobre 2019

"The Experiment" (2010) - "L'esperimento"

"The Experiment" (2010), in Italia "L'esperimento", è il rifacimento di un film omonimo film tedesco del 2001, tratto a sua volta dal romanzo "Black Box" del tedesco Mario Giordano, basato a sua volta sul vero "Esperimento carcerario di Stanford".

Scheda di "The Experiment" su wikipedia

 Purtroppo, però, lungo la strada dall'esperimento statunitense al romanzo tedesco, al film tedesco, al rifacimento USA che mio padre alla fiera comprò, qualcosa deve essere andato perso, perchè "The Experiment" è una pellicola irrimediabilmente mediocre.

 L'idea di fondo è intrigante e inquietante: rievocando vagamente il bel film "The Cube", un gruppo di persone (qui 26 uomini) fa da cavia, lautamente pagata, per un esperimento di due settimane in cui il gruppo verrà rinchiuso in un penitenziario deserto, suddiviso in guardie e carcerati e lasciato ad autogestirsi in base a una serie di regole che le guardie dovranno far rispettare, mentre i prigionieri saranno privati delle loro libertà civili. Alle guardie, il potere dà subito alla testa, ma i prigionieri non hanno strumenti per opporsi, nè figure di garanzia a cui rivolgersi. Il potenziale di terrore psicologico, basato sulla realtà degli orrori che l'essere umano comune può spingersi a compiere, è enorme.
  E viene tutto sprecato.
 Con una regia sonnolenta e anonima, la banale sceneggiatura "a tesi" ricorre a ogni genere di forzatura pur di dimostrare che homo homini lupus: ecco quindi che le guardie, lungi dall'inebriarsi di potere perchè è ciò che accade alle persone normali quando si trovano in una posizione di comando, sono invece composte da gente repressa, frustrata e squilibrata, ed è quindi ovvio che si comportino follemente (E lo spettatore si chiede: ma che razza di esperimento sarebbe? E come si fa a dimostrare la tesi che tutti gli uomini sono feroci, così?).
  E, ovviamente i prigionieri sono invece tutta brava gente (eccetto un ex carcerato che però agisce da detenuto modello), specialmente il fricchettone pacifista (Adrien Brody) che però alla fine ne subisce tante che, quando vede il morto ammazzato, diventa anche lui violento.
 Davanti a una morale così dozzinale e desolantemente ovvia, non stupisce quindi che per tutto il film i personaggi siano stati scolpiti con l'accetta, e abbiano mostrato una caratterizzazione che è un catalogo degli stereotipi e una fiera dei luoghi comuni.
 Nonostante questo, lo spettatore sopporta questi difetti per almeno 40 minuti, perchè nel suo inconscio alberga l'allettante terrore inespresso di essere sul punto di assistere a una svolta terribile, all'emergere di atrocità squisitamente psicologiche (alle cavie è vietato usare la violenza, pena interruzione dell'esperimento e cancellazione del lauto pagamento) che magari lui stesso compirebbe in una situazione analoga, autoconvincendosi che è la cosa giusta da fare. Su quali abissi dell'anima, si chiede lo spettatore, vedrò spalancarsi le porte?
  E invece, niente,.
 Gli "abusi" e le "atrocità" perpetrate dalle guardie si rivelano deludentemente banali, tanto che ben presto la sceneggiatura non sa più cosa inventarsi, e finisce per ricorrere spudoratamente alla violenza più scontata, per di più scordandosi le premesse che aveva stabilito (onestamente, ci voleva poco a trovare un consulente più creativo di questo regista alla frutta. Ho un amico che nel gruppo delle guardie si sarebbe inserito benissimo, avrebbe preso il comando, le avrebbe trasformate in un gruppo di aguzzini della mente, e per due settimane avrebbe fatto vedere i sorci verdi ai prigionieri senza mai torcere loro un capello, con una creatività che questo regista-sceneggiatore manco si sogna. Ci voleva tanto a trovarne uno nel 2010?).
 Incoerentemente con le premesse della sceneggiatura, quindi, l'esperimento non viene interrotto. Neppure quando ci scappa il morto.
 Allo spettatore, che ancora non ha capito quanto questo film sia cialtrone, viene quindi il sospetto che le telecamere di sorveglianza non funzionino, o che il capo dell'esperimento abbia mentito. Invece, sorpresa sorpresa, il dottor TalDeiTali è un criminale o comunque uno squilibrato (pure lui), il quale però, davanti al fallimento dell'esperimento, rilascia le cavie, senza rendersi conto che un uomo è morto e che le cavie lo denunceranno, come in effetti accade, e lui viene arrestato. E tutto ciò accade in fretta e furia nei 2 minuti finali del film, mentre per il resto del tempo regia e sceneggiatura hanno dormito.

 L'attore Adrien Brody è adorato dai critici per definizione, e anche qui riceve solo lodi, ma ce ne vuole per far passare per interessante lo stucchevole e manicheistico personaggio del pacifista che gli hanno rifilato. E lo stesso vale per tutti gli altri attori coi loro personaggi, sebbene non famosi come Brody.

 Per chi vuole approfondire: gli spaventosi risultati del cosiddetto esperimento di Stanford furono la coneguenza di un processo di deindividuazione, subìto da entrambi i gruppi di volontari, il quale induce una perdita di responsabilità personale. E' esattamente il contrario di ciò che accade in questo film, dove sono invece due capi solitari, dalla personalità netta e preponderante, uniti a fattori esterni introdotti in modo gratuito, a causare il disastro.
 Complimenti al regista: sarebbero bastati 10 minuti a documentarsi su Wikipedia, per risparmiarci questi novantasei minuti che abbiamo buttato via!

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