venerdì 3 gennaio 2020

"The Informant!" (2009)

 "The Informant!" (2009), diretto da Steven Soderbergh e scritto da Scott. Z.Burns, è l'adattamento cinematografico del saggio di Kurt Eichenwald, che racconta la vera storia di Mark Whitacre, un dirigente aziendale che divenne segnalatore di illeciti (whistleblower) per conto dell'FBI. Raccontato con il ritmo di un giallo legale, assume però frequentemente i toni della commedia nera, e sviluppa parallelamente anche una componente biografica, indagando a fondo sulla contorta personalità del protagonista per portare avanti una critica socioeconomica di più ampio respiro.

Scheda di "The Informant!" su wikipedia

 Negli anni 1990, Mark Withacre, dirigente della multinazionale Archer Daniels Midland, decide di non poter più tacere sul cartello occulto delle multinazionali alimentari per aumentare il prezzo della lisina, e diventa un informatore dell'FBI. Ma, con un certo stupore degli agenti dell'FBI, la facciata etica dell'ingenuo Withacre cela un abisso di menzogne, peculato, paranoia e probabile disturbo della personalità.

 Con una regia e una fotografia curate e raffinate, che conferiscono studiatamente un'atmosfera da anni 1970 a questa vicenda ambientata negli anni 1990, il regista Steven Soderbergh sceglie dichiaratamente la strada dell'ironia (ma non della leggerezza) nel raccontare un dramma procedurale il cui protagonista parla, agisce e pensa come un idiota funzionale.
 Il contrasto tra la gravità della vicenda trattata (lo scandalo del cartello multinazionale per aumentare il prezzo della lisina a danno degli acquirenti di tutto il mondo) e la dabbenaggine del protagonista è però solo apparente: a Soderbergh interessa infatti non solo denunciare il prodotto finale del capitalismo che è alla base del sistema economico statunitense, ma soprattutto i risultati che esso ha comportato nel rovinare intere generazioni.
 Mark Whitacre incarna lo statunitense medio, il prodotto inevitabile di una società individualista che pone l'interesse della persona al di sopra di tutto: economicamente benestante, ma incapace di accontentarsi, è un divoratore bulimico di status symbol che nemmeno usa, ma che pur di ottenere è disposto a tutto; mentire su se stesso e sugli altri, intascare sistematicamente bustarelle, manipolare chiunque gli capiti a tiro con informazioni distorte, creare false prove documentali e via dicendo. Whitacre è incapace di vedere le proprie azioni come crimini, e le considera scusabili, perchè fatte nel sacro interesse della sua persona; come spiega più volte allo spettatore e ai coprotagonisti, lui è l'eroe della vicenda, il "cavaliere senza macchia" che combatte il male compiendo enormi sacrifici, e si aspetta quindi di essere ricompensato, festeggiato e ringraziato, alla fine; il fatto che i suoi crimini lo facciano diventare un indagato e che l'FBI si rivolga contro di lui gli risulta incomprensibile, un'inspiegabile negazione del suo cosmo narcisistico ed egocentrico in cui l'unico punto di vista che conta è il suo, ed è impensabile che qualcun altro possa adottarne uno diverso.

 Il film non è facile, proprio perchè il suo manifesto va progressivamente decifrato col procedere della narrazione, ricavando un significato da questa insolita commistione di generi e di toni, la quale può lasciare lo spettatore medio spiazzato. Allo stesso modo, va decifrato anche il protagonista: all'inizio, Whitacre risulta quasi rispettabile, nel suo essere ingenuotto ma onesto; sarà anche vacuo e ossessivamente consumista, ma dopotutto sta agendo in  modo retto e responsabile. Purtroppo, le prime crepe nella sua facciata si allargano in fretta, fino a far crollare il castello di bugie su cui l'intera esistenza di Whitacre è costruita, trascinandoci in un vortice di rettifiche che celanp altre menzogne, fino a cancellare il confine tra ciò che è vero e ciò che è falso.
 Soderbergh analizza vicenda e personaggi con metodo, drammatizzando liberamente ma coerentemente le parti più introspettive, e ci fornisce un ritratto spaventoso del frutto del "sogno americano", pur conferendo a ogni rivelazione un tono scherzoso (soprattutto tramite il commento sonoro, che diventa giocosamente beffardo o anche apertamente festoso, quando ormai qualunque spettatore ha smesso di cadere nel tranello delle contrite scuse di Whitacre, e sa che il dirigente sta ancora tacendo cose persino più inconfessabili). Per certi versi, il tono grottesco della pellicola ricorda quello di fratelli Cohen, ma senza essere fine a se stesso, più abile nell'ironia sottesa e soprattutto con la capacità di portare fino in fondo, senza ridondanze e sbavature, un effettivo discorso critico.

 Con un film così a tesi e rigorosamente pianificato, c'è forse poco spazio per il contributo degli attori, e infatti il cast è formato da nomi poco noti, con l'ovvia eccezione del protagonista. Matt Damon, ingrassato e con i baffi, e infine calvo, è una curiosa scelta per il ruolo di Whitacre, forse perchè molto distante dai suoi abituali personaggi, ma la sua interpretazione ne rende fin troppo bene l'animo meschino, egoista e querulo, e cattura alla perfezione lo spirito critico del film.
 Scott Bakula è l'unico altro attore noto, e la sua espressione eternamente tonta è anche quella che esprime nel modo migliore lo sconcerto dello spettatore nel sentirsi dire che la realtà in cui vive è fondata su questo genere di persone: dirigenti arraffoni ed egocentrici, e tutori della legge ben intenzionati ma sostanzialmente impreparati a gestire il livello di psicopatia che è ormai un requisito obbligatorio per i dirigenti delle multinazionali.

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