lunedì 13 gennaio 2020

"mother!" (2017) - "madre!"

"mother!" (2017), in Italia "madre!", rigorosamente con la emme minuscola,  scritto e diretto da Darren Aronofsky, è un film in bilico tra il surreale, il drammatico e l'orrore, fortemente metaforico e visionario, che farà impazzire lo spettatore nel tentativo di decifrare il vero significato degli eventi che si dispiegano e dei simboli che lo intridono.

Scheda di "madre!" su wikipedia

 La giovane compagna di uno scrittore in crisi creativa, più anziano di lei, ha ricostruito da zero la casa di campagna di lui, distrutta da un incendio. Ciò che la giovane non sa, però, è che tutto il suo mondo, situato nel mezzo di una natura vergine, è scaturito letteralmente dalle ceneri, come anche lei, per opera di un misterioso cristallo pulsante che lo scrittore custodisce gelosamente nel proprio studio.
 La comparsa di un enigmatico estraneo, dai modi volgari e aggressivi, a lei molto sgradito ma inspiegabilmente accolto con calore da lui, altera il loro idillio solitario. Il visitatore viene raggiunto dalla moglie, che si rivela persino più maleducata e insolente di lui, e insieme i due violano la volontà dello scrittore, prendendo il suo prezioso cristallo e mandandolo accidentalmente in frantumi.
 Da quel momento, le visite di estranei si susseguono: prima, persone in visita per il lutto di uno dei due figli maschi della coppia di zoticoni; poi, i seguaci adoranti della nuova, bellissima fatica letteraria dello scrittore, interpretata da ognuno in modo diverso. Infine, il caos di gruppi politici, campi di sterminio, eserciti in guerra. Nella devastazione della casa ormai annichilita dalla pazzia di queste genti che transitano come maree inarrestabili, la giovane protagonista, dopo aver sopportato tutto stoicamente per amore del compagno, perde il figlio appena partorito e scatena una terribile reazione.

 E' quasi impossibile commentare questo film senza svelare gli intenti visionari e metaforici del regista: per più di un terzo della pellicola, Aronofsky ci fa credere di essere davanti a un thriller psicologico dai tocchi orrorifici, a metà tra Misery e Rosemary's Baby, con la protagonista incapace di comprendere il complotto che gli altri stanno tessendo alle sue spalle; poi, gli eventi precipitano in modo apertamente surreale e travolgente, assumendo una dimensione colossalmente storica ma circoscritta alle mura della casa, costringendo lo spettatore a interpretare attraverso un'altra ottica gli indizi finora raccolti, e a chiedersi se sia il caso di cercare un senso tradizionale per vicenda.
 Infatti, l'intera narrazione ha un tono fortemente onirico, e la logica dei sogni la fa pesantemente (e mirabilmente) da padrona, basti pensare a quando la giovane protagonista assiste a scene che per gli altri  non sono accadute, o quando le persone giungono alla sua casa in mezzo al verde senza traccia di veicoli (o di strade), o quando la casa in questione viene invasa continuamente da orde di estranei che ne dispongono come credono, anche con violenza, ignorando le proteste della padrona di casa, o quando la stessa casa si altera in maniera organica, quasi fosse il corpo di un essere vivente, nell'indifferenza di tutti.

 Ma alla fine, gli elementi significativi si separano da quelli squisitamente narrativi e deliberatamente fuorvianti, e le valenze dell'affresco concepito da questo allucinato regista si chiariscono: lo scrittore in crisi è il dio delle religioni abramitiche; la casa nel mezzo della natura verdeggiante è l'Eden; il primo visitatore è Adamo, raggiunto dalla moglie Eva con cui vìola il comandamento divino del "frutto proibito", rompendo il cristallo che non dovevano toccare; i due figli maschi sono Caino e Abele, col primo che uccide il secondo; l'opera dello scrittore è il testo sacro della religione rivelata; le folle di appassionati dello scrittore sono i fedeli di dette religioni; i disordini che seguono rappresentano il fanatismo religioso, il comunismo, il capitalismo, le grandi guerre, le pulizie etniche e ogni altro possibile eccesso dell'umanità; il bambino partorito da Gea, e offerto alla folla adorante che finisce per ucciderlo, è Gesù Cristo.
 E la giovane donna? La giovane donna è Gea (o la Terra, che lo scrittore chiama "mia dea" e che il film identifica come "madre" nel senso più globale di "madre Terra"), disperatamente tesa a tenere insieme un fragile ecosistema e a tollerare la brutalità e i danni che l'uomo, nel suo sterminato parassitismo, le infligge per il proprio capriccio egocentrico e individualista.

 Il film è stato sia celebrato sia disprezzato, dando origine a una netta divisione tra chi lo ha odiato visceralmente e chi lo ha adorato: fischi alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, candidature ai Razzie Awards, inclusione nella classifica dei 25 migliori film dell'anno dalla rivista Sight & Sound, recensioni professionali positive sui siti specializzati in critica cinematografica, pagine di Wikipedia che ne dicono apertamente bene in inglese e subdolamente male in italiano, e così via.
 Gli attori protagonisiti Jennifer Lawrence e Javier Bardem sono stati a loro volta lodati o stroncati con ferocia, spesso e volentieri per colpire non la loro recitazione, coerente e professionale, ma il contenuto dell'opera.

 E noi cosa ne diciamo?
Tecnicamente il film è di ottima fattura, con fotografia limpida, regia accurata nell'esporre solo il punto di vista esclusivo della frastornata Gea, narrazione che bilancia le sequenze di caos e violenza con i momenti lenti e introspettivi, dialoghi surreali quanto l'impostazione favolosamente onirica dell'intera vicenda, tematiche accuratamente mescolate, occhio attento alla moda del momento di presentare il patriarca come la causa di tutti i mali e la donna come vittima, conclusione con rivelazione del "mistero" allegorico che non viene fornita apertamente nel finale ma lasciata quasi tutta allo spettatore.
 Dal punto di vista complessivo, il film è una sfida difficile e frustrante, ma anche un'esperienza illuminante e trascinante, che costringe lo spettatore a immergersi nel punto di vista della protagonista, pur conoscendo un dettaglio cruciale che lei ignora (la scena iniziale della rigenerazione di tutto) e che in seguito viene apparentemente relegato a semplice fantasia (Adamo rompe il cristallo, ma non accade nulla, quindi forse la scena iniziale era solo un sogno). Come interpretare, quindi, la realtà contraddittoria e onirica in cui Gea è immersa? Come non cadere vittima dell'angoscia che la attanaglia, prigioniera com'è di un microcosmo da cui non sa come uscire, dato che ogni via logica le viene preclusa dalla follia degli altri? E, infine, come non esaltarsi nel momento in cui la rivelazione della colossale e frastornante allegoria ci coglie, trasformandoci in invasati adoranti (esattamente come gli appassionati dello scrittore) e spingendoci a riesaminare e interpretare tutti i momenti chiave della pellicola sotto una nuova luce?
 Lo scopo non è accettare il messaggio, che purtroppo è quello che ogni persona razionale ha già da tempo conseguito in autonomia esaminando spassionatamente la storia dell'umanità e i risultati a cui è giunta. Lo scopo è decifrarlo fino in fondo e vincere così la sfida lanciata dal regista.
 E ovviamente, in seguito, bisogna anche trovare la risposta alla domanda cruciale: stiamo parlando di una revisone della tesi gnostica?
 Il dio di questa narrazione, incapace di capire il dolore che il suo operato d'amore genera, è Ialdabaoth, cioè un essere incapace e quasi malvagio, corrotto dalla materia, creatore di un universo dolorosamente imperfetto e fallimentare, il quale deve continuamente essere azzerato nel fuoco perchè nulla funziona come il dio aveva progettato?
 E la presenza di Gea come divinità sua pari, e non come sua creazione, è un ritorno alle radici del politeismo babilonese cui la Bibbia ebraica attinge sin dall'inizio, con la dualità tra Yhaweh e l'Oscurità (Marduk e Tiamat nella mitologia babilonese)?

Nessun commento:

Posta un commento