lunedì 6 gennaio 2020

"The Recruit" (2003) - "La regola del sospetto"

 "The Recruit" (2003), in Italia "La regola del sospetto", diretto da Roger Donaldson su soggetto di Roger Towne, Kurt Wimmer e Mitch Glazer, è un film di spionaggio divertentemente paranoico con l'immancabile venatura romantica.

Scheda di "The Recruit" su wikipedia

 Un giovane e brillante informatico viene notato da un reclutatore della CIA e si sottopone a lunghi giorni di duro addestramento in cui gli viene insegnato in ogni modo che le apparenze ingannano. Quando fallisce un test che gli causa l'espulsione, e si sente raccontare che la compagna di corso di cui si è invaghito è un doppio agente, il giovane sceglie di rientrare in gioco come NOC (agente sotto copertura non ufficiale) per individuare i suoi mandanti.

 Film di puro intrattenimento, senza nessuna pretesa di realismo, "The Recruit" si lascia vedere soprattutto per il divertente e continuo gioco di capovolgimento della situazione, come ben fa capire la versione italiana del titolo: ogni volta che il protagonista agisce secondo l'istinto (e gli ormoni), scopre di essere stato messo alla prova, e lo sconforto che lo assale è enorme, soprattutto visto il grande concetto che ha di se stesso. Ma cosa succede quando non c'è più la rete di sicurezza del corso dell'Agenzia, a salvarlo da errori fatali? Fino a che punto dobbiamo, noi spettatori, applicare la paranoia che il corso della CIA ha insegnato al protagonista? E' questa gara non dichiarata con il regista a mantenere viva l'attenzione per 115 minuti, con lo spettatore che cerca ossessivamente di interpretare ogni indizio e di costruire ipotesi alternative alla versione ufficiale dei fatti che anticipino il prossimo colpo di scena.
 E, alla fine, ovviamente, lo spettatore è appagato perchè i suoi sospetti sono stati tutti confermati. Questo semplice dettaglio dovrebbe confermarci che, in generale, questo film è di qualità non eccelsa, ma l'aspetto ludico continua ad avere la meglio e a farcelo comunque apprezzare per quell'enorme giocattolo cerebrale che è (e la cui stesura palesemente ha divertito moltissimo gli sceneggiatori). A ciò contribuiscono anche le colossali esagerazioni informatiche di software come Spartan o Ice-9, capaci di diffondersi attraverso la rete elettica o di accedere a qualunque computer senza neppure una tecnologia "bluetooth", tutte legittimate dalle continue citazioni a Kurt Vonnegut (scrittore famoso proprio per la sua fantascienza satirica).

 All'interpretazione volenterosa di Colin Farrell, la cui eterna espressione da cane bastonato triste è qui più azzeccata e necessaria che mai, si affianca la classica istrionia di Al Pacino, che delinea con la solita perizia un verboso istruttore della CIA capace di incarnare una figura paterna insieme a quella di un freddo docente e di un folle spietato e manipolatore.

 Regia e colonna sonora sono all'altezza degli obiettivi del film, onestamente coerenti e scrupolose, più interessate a creare un'atmosfera che a ricorrere agli effetti speciali o al sensazionalismo.

 Il ritmo della narrazione non perde colpi nel costruire la storia del protagonista e assemblare i tasselli di tutti gli inganni tessuti, e i dialoghi risultano credibili, definendo una caratterizzazione dei personaggi che (escludendo il protagonista, il cui punto di vista è quello più onesto della pellicola) appare convenzionale ma riesce a trarre in inganno lo spettatore quando serve.

Per quanto un impiegato della CIA, recensendo questo film, lo abbia definito "ridicolo" agli occhi suoi e di tutti i suoi colleghi, la sensazione che rimane dopo la visione del film è la stessa descritta da Morando Morandini, e cioè che la sceneggiatura abbia accontentato parecchie richieste provenienti da funzionari governativi.



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