mercoledì 5 febbraio 2020

"Magic in the Moonlight" (2014)

 "Magic in the Moonlight" (2014), scritto e diretto da Woody Allen, è una arguta e beffarda commedia cripto-sentimentale ambientata nei ruggenti anni 1920, incentrata sullo scontro tra una presunta sensitiva e un celebre illusionista che smaschera abitualmente i cialtroni.


 Il famoso illusionista Stanley Crawford, invitato sulla Costa Azzurra da un collega, si ritrova a dover sbugiardare una giovane medium statunitense, che si sta approfittando dell'ingenuità della ricca famiglia che li ospita. Ma non sembra esserci trucco, nei "numeri" della sensitiva, la quale non solo vede oltre l'identità fittizia di Crawford, ma ha "visioni" dei fatti più intimi della sua vita. Da sprezzante e implacabile scettico che era, Crawford inizia a dubitare: forse esiste davvero un mondo oltre a quello fisico?

 Con un ritmo vivace, dialoghi affilati e caratterizzazioni nitide, l'elegante e agile narrazione di questo film cattura persino lo spettatore meno interessato all'argomento di facciata, e cioè lo spiritismo d'epoca, condito con venature romantiche così sardoniche e cerebrali che a fatica giustificano l'etichetta "sentimentale" per una narrazione interessata soprattutto a discutere dell'eterna contrapposizione tra materialismo e spiritualismo, tra il desiderio di credere nell'aldilà per avere conforto psicologico e la volontà di vivere pienamente la vita senza aggrapparsi a illusorie promesse vincolate a un arbitrario bagaglio di regole, imposizioni e divieti superstiziosi.
 Nonostante l'argomento apparentemente oneroso, la narrazione mantiene sempre un tono brillante e leggero, sottilmente beffardo, anche grazie alle ambientazioni lussuose delle classi agiate in cui è ambientato il film, alla ricostruzione sontuosa di ambienti e abbigliamento, ai suggestivi panorami naturali, alle musiche deliberatamente scelte tra i pezzi più famosi e accattivanti, affiancati alle energiche sonorità dei Ruggenti Anni Venti.
 Per quanto più che l'umorismo sia il sarcasmo a dominare i toni dei dialoghi, la sardonica e raffinata cifra stilistica di Woody Allen risalta chiara, tanto nello sviluppo narrativo, quanto nel disincantato e logico carattere del protagonista, che affronta il cambiamento del proprio modo di essere (prima casca nella fola dello spiritismo, poi si lascia tentare dal "pensiero magico" della religione, e infine scopre cosa sia il vero, irrazionale amore) con un'impassibile accettazione, ma senza mai rinunciare a un approccio analitico, colto, involontariamente comico tra le righe, dominato costantemente dalla sua distaccata razionalità.
 La parabola narrativa che ne deriva mette inizialmente a disagio lo spettatore più razionale, che difficilmente digerisce uno sviluppo secondo cui il soprannaturale esiste, e per di più si manifesta quotidianamente con gli spiriti dei defunti che vanno alle sedute spiritiche per sollevare una candela; ma, in un secondo tempo, lo spettatore scope di essere stato beffardamente ingannato, con un colpo di scena "magico" (che peraltro lo spettatore a quel punto inizia a sospettare, ma anche a desiderare) a cui fa seguito un secondo finale riparatore, dove la razionalità trionfa, ma non senza aver fatto una generosa concessione al sentimento e ai bisogni emotivi dell'animo umano.

 Ottimamente scelti, gli attori interpretano con bravura e spontaneità i "tipi" che la sceneggiatura di Allen ha già definito puntigliosamente. Colin Firth affronta il ruolo più difficile ed esigente, incarnando lo studioso acculturato e razionale, costantemente sarcastico e sprezzante nei confronti degli ignoranti (di ogni ceto) che lo circondano, ai quali non risparmia osservazioni causticamente oneste sulle illusioni di cui infarciscono le loro vite. Notevoli sono i suoi dialoghi, dal lessico curato, forse un poco snob, ma soprattutto attento a utilizzare a pieno la ricchezza del vocabolario della lingua inglese. Emma Stone gli tiente testa senza fatica nel dare vita all'incantevole finta medium dallo sguardo candido e dal sorriso affascinante, mescolando astuzia e ingenuità nella sua fresca figura di giovane provinciale statunitense. Eileen Atknins, nei panni della vecchia e amabile zia del protagonista, è più un archetipo che un personaggio: con la sua saggezza spassionata e tranquilla, ma arguta, sembra essere un altro volto della personalità dello stesso Woody Allen (che ovviamente è la vera natura del protagonista).

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