giovedì 6 febbraio 2020

"Oblivion" (2013)

 "Oblivion" (2013), scritto e diretto da Joseph Kosinski, è un film di fantascienza avventurosa di grande effetto visivo, fortemente concentrato sulla figura del protagonista, un tecnico che manutiene la tecnologia su una Terra spopolata e devastata, finchè non smaschera le menzogne alla base della propria esistenza.


 Nel 2077, il tecnico-49 Jack racconta di essere uno dei pochi esseri umani rimasti sulla Terra, devastanta da una guerra senza quartiere contro invasori alieni chiamati Scavengers (sciacalli). Quelli come Jack, coordinati da una stazione orbitale chiamata Tet, si occupano dellla manutenzione e protezione delle idrotrivelle, colossali macchinari che prelevano l'acqua degli oceani per alimentare la fusione nucleare che sostenta il resto dell'umanità, trasferitasi su Titano, una delle lune di Saturno. Dopo essere sopravvissuto a un incontro con gli Scavengers che ancora infestano la superficie, Jack scopre che gli alieni hanno attirato sulla Terra una capsula di salvataggio contenente astronauti umani, rimasti ibernati sin da prima della guerra. Inspiegabilmente, questi astronauti sono sterminati dagli stessi droni da guerra che Jack manutiene quotidianamente e che fungono da guardiani delle idrotrivelle contro gli assalti degli Scavengers superstiti, Da questo momento, la vita di Jack cambia radicalmente, vedendo crollare tutte le premesse su cui era fondata.

 Ideato e diretto dallo stesso regista di "Tron: Legacy", questo film sfoggia fondamentali cifre stilistiche comuni, dall'algida narrazione che procede senza alcuna fretta, agli sterminati e desolati panorami disabitati in cui il protagonista si avventura durante l'epopea, passando per le vertiginose prospettive dell'asettico e perfetto appartamento ipertecnologico in cui abitano i protagonisti, collocato sopra le nuvole tempestose del pianeta. E' un fascino gelidamente elegante e stilizzato, quello che promana da questo immaginario di un futuro distortamente orribile, ma nello stesso tempo raccontanto con una rassicurante calma impersonale che consente allo spettatore di metabolizzarne gli aspetti angoscianti e di concentrarsi invece sul magnetismo ipnotico dell'esplorazione di un mondo divenuto nuovamente estraneo alla specie che lo dominava.
 Ambientazione e trama hanno ben poco di originale, ma è la confezione a fare la differenza, così ricercatamente fredda nella fotografia, nella limpidezza dei colori (anche nel deserto, sembra fare freddo) e nella purezza distaccata della colonna sonora elettronica (altro elemento che riporta a "Tron: Legacy").
 Altrettanto familiare è la definizione del protagonista. Non stupisce apprendere che Tom Cruise si sia interessato al progetto sin da prima del 2011, e abbia contribuito alla caratterizzazione del protagonista: il tecnico-49 Jack è un inconsapevole eroe per natura, che condivide con Cruise passioni quali la motocicletta (uno dei prodigiosi veicoli del futuro che Jack pilota con maestria), e che vive un'avventura disperata ed epica, da nobile guerriero solitario contro l'intero mondo, con toni che oscillano continuamente tra "La guerra dei mondi" (2005) e "L'ultimo samurai" (due film ben noti per essere stati fortemente plasmati dal divismo di Cruise).
 Anche in questo caso, l'usato sicuro funziona: Tom Cruise dà vita a un eroe d'azione che è anche astutamente rassicurante con la sua umanità e la sua innata bussola morale, compiacendo lo spettatore con il classico epilogo in cui l'uomo trionfa sempre sulle macchine, non importa quanto intelligenti, grazie al vantaggio di provare sentimenti d'amore che neppure la scienza più radicale può cancellare.

 Per gli appassionati di fantascienza realistica, lo scenario descritto da Jack risulta implausibile (e quindi sospetto) sin dall'inizio: l'idea che l'umanità, dopo una guerra globale, abbia le risorse per trasferirsi in massa fin su Titano (lontanissima luna di Saturno) è poco plausibile; che l'umanità, una volta giunta fin là, abbia bisogno proprio di prelevare acqua dalla lontanissima Terra per usare la fusione nucleare, è ridicola (l'idrogeno è presente in grande abbondanza ovunque, nel sistema solare; si stima che il 75% di Saturno sia composto da idrogeno). Ma è proprio la consapevolezza di questa falsità di fondo che aumenta il coinvolgimento nella visione, spingendo lo spettatore a notare consapevolmente tutte le piccole bizzarrie che indicano che qualcosa non torna, in questo scenario post-apocalittico gestito con la metodica organizzazione di un'azienda all'avanguardia. E quando finalmente tutti i pezzi del rompicapo vanno al loro posto, è ancora più stimolante cercare di immaginare una possibile soluzione che derivi dai pochi mezzi a disposizione degli umani superstiti (tra cui, ovviamente, la scaltrezza inspiegabilmente superiore e il cuore dell'uomo).

 Incentrata com'è sul personaggio interpretato (e definito) da Cruise, la trama non concede molto spazio ai comprimari, nonostante nomi quali quello di Morgan Freeman e di Olga Kurylenko, i quali si limitano a svolgere un compito funzionale al risveglio o alla realizzazione dell'eroe. Gli sviluppi, quindi, ristretti al solo personaggio di Jack, sono necessariamente lineari, per quanto di portata cosmica; l'azione è adeguatamente bilanciata e mescolata allo sviluppo del mistero che ruota intorno al vero destino della Terra e dell'umanità, e contribuisce a definire la caratterizzazione dei personaggi, per altro abbastanza schematica, anche se con il progedire della storia si comprende come in certi casi essa debba essere obbligatoriamente tale. Apparentemente confinata proprio a questo tipo di ruolo stereotipato e secondario, Andrea Riseborough svolge in realtà un efficace lavoro nello sviare lo spettatore, che cade nella trappola di classificarla come l'ennesimo "luogo comune" sulla moglie che attende a casa il marito che lavora.

 Come già si era capito in "Tron: Legacy", l'estetica visuale è un feticcio principe del regista, che in questo film ha dato a se stesso l'opportunità di scatenarsi con visioni planetarie di fortissimo impatto concettuale. Tra panorami immensi e surreali, dove piramidi capovolte fluttuano sopra gli oceani morenti, e ricurve tecnologie veicolari si dispiegano con leggerezza nei cromatismi del bianco e delle sfumature di grigio-azzurro , la visione più memorabile è probabilmente il bagno notturno nella piscina dal fondo trasparente, sospesa al di sopra di un tumultuoso cielo colmo di nubi ribollenti di lampi: un trionfo di immaginazione futuristica, lineare e pulita, grandiosa e trascinante, nella sua impossibile e fredda perfezione.

 E' stato osservato che, contrapponendo la tecnologia malvagia all'uomo "primitivo", con questo film Joseph Kosinski sembra regredire, e rinnegare la filosofia transumanista del suo precedente "Tron: Legacy", dove invece è una tecnologia estremamente avanzata a generare le nuove forme di vita del futuro, in un ambiente del tutto artificiale.
 Ma "Tron: Legacy" è del 2010, e non è stato scritto da Kosinski, mentre l'idea di "Oblivion" è opera sua, ed esiste sin dal 2005 (in forma di racconto breve): che sia questa, la visione più intima del regista?


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