venerdì 22 novembre 2019

"Looper" (2012) - "Looper - in fuga dal passato"

 "Looper" (2012), in Italia anche "Looper - in fuga dal passato", scritto e diretto da Rian Johnson, è un'efficace, lineare e intrigante rarità nel panorama della fantascienza cinematografica, incentrato sul delicato tema dei viaggi nel tempo.


 Elegantemente realizzato in termini di sceneggiatura, dialoghi, ritmo, regia, musiche e recitazione (di cui parleremo in seguito), questo film spicca soprattutto per l'argomento trattato, la competenza sul tema e il rispetto nei confronti di certi suoi illustri predecessori. In sintesi, un'azzeccata "trappola" per l'appassionato, ma anche per il non-iniziato, che viene condotto alla scoperta delle meraviglie della fantascienza nel più amichevole dei modi.

 Come già osservato per 12 Monkeys Army, un film hollywoodiano di fantascienza ben fatto e incentrato sui viaggi nel tempo è cosa rarissima, perchè i produttori finiscono sempre per rimbecillirne i contenuti e negarne la logica, timorosi che il pubblico sia così ritardato da non riuscire a comprenderlo.
 Naturalmente non esiste una vera logica dei viaggi nel tempo, semplicemente perchè non ci sono riscontri sperimentali (se non a livello quantistico) sul tema e tanto meno le tecnologie necessarie (o anche solo la matematica teorica). Esiste però una enorme produzione letteraria in cui talenti più o meno fini si sono scervellati sulle possibili meccaniche e sulla logica del viaggio nel tempo, e "Looper" ne ha letto le opere e ne fa tesoro, costruendo una trama che parte dal presupposto che il tempo si autocorregga, man mano che un viaggiatore altera il proprio passato, eseguendo aggiustamenti più o meno drastici anche sul corpo e la memoria del viaggiatore, ma concedendogli anche una certa autonomia nell'esistere comunque al di fuori del flusso degli eventi. Quest'ultimo dettaglio è il più importante e difficile da capire: per viaggiare nel tempo, un uomo deve potersi "astrarre" fisicamente dal proprio presente e separare dal flusso temporale: un simile risultato si ottiene solo se il viaggiatore si libera dal vincolo di causa ed effetto; possiamo dire che il viaggiatore è protetto da un campo  probabilistico che garantisce in parte la sua esistenza, anche mentre si trova nel passato, e a prescindere (in parte) dalle alterazioni che apporta alla storia.
 E' un concetto del tutto ipotetico, pura speculazione da appassionati, senza alcun riscontro, ma appaga il desiderio di logica e coerenza di chi ama la fantascienza. E' chiaro, esposto così? Oppure è spaventosamente cervellotico e macchinoso? E che effetto farebbe al pubblico, una simile spiegazione, in un film hollywoodiano?
 Probabilmente il pubblico la ignorerebbe, mentre i produttori terrorizzati farebbero di tutto per tagliarla.
 "Looper" supera brillantemente questo scoglio, eludendo i produttori e mostrando semplicemente gli effetti di questa teoria, lasciando alla fetta di spettatori arguti il piacere di ricostruirla da soli nella propria testa, senza scuotere dal torpore cerebrale il resto  della platea.

 Con un consapevole e dichiarato citazionismo, gli elementi dei paradossi temporali si susseguono con un tono solidamente classico, godendo di un'esposizione tanto succinta quanto efficace: il paradosso della predestinazione che si capovolge, il flusso temporale che si riscrive in base ai mutamenti apportati nel futuro, l'incontro tra il protagonista giovane e il protagonista anziano, le linee temporali divergenti che esistono finchè non si ricongiungono in un nodo (loop) inestricabile, la drammatica ed eroica soluzione finale da "nodo gordiano"... il tutto declinato tramite un Bruce Willis dai ricordi confusi, giunto dal futuro come gli accadeva "12 Monkeys Army", mentre la sua implacabile avanzata per  ammazzare un bambino prima che nel futuro divenga uno spietato capo criminale è quasi l'archetipo della serie cinematografica di "Terminator".

 In modo assai minore, ma comunque riconoscibile, anche Joseph Gordon-Levitt si auto-cita, ma al contrario: interpretando il protagonista Joe, delinea la figura del giovanotto immaturo, insensibile e avido di piacere e immediatezza che poi riproporrà in "Don Jon" (2013).

 Il contesto futuribile della narrazione, che si svolge nel 2044 e riceve visitatori dal 2074, getta nel calderone anche l'elemento delle mutazioni genetiche (una piccola fetta di popolazione nasce con un debole talento telecinetico: in apparenza un elemento per fare "colore fantascientifico", esso è invece fondamentale in termini di trama e risoluzione del mistero principale, dove conferisce alla vicenda un tono vagamente orrorifico (nel filone dei bambini maledetti).
 Ironicamente, il 2044 qui descritto è un futuro divenuto in breve tempo non più credibile. Non solo per il bassissimo livello personale di connessione digitale e di contaminazione cibernetica (rispetto a ciò che già avviene adesso, nel 2019), ma anche e soprattutto per l'assenza dalla narrazione dei crescenti stravolgimenti climatici, con tutte le loro conseguenze sociali e migratorie. E' però un futuro più che credibile in termini di aumento della popolazione povera e della pervasività del crimine organizzato, persino nelle aree rurali statunitensi in cui il film è astutamente ambientato (proprio per giustificare le carenze digitali e cibernetiche di cui sopra).

 Spostandoci a un livello più convenzionale di valutazione della pellicola, "Looper" è un film dalla regia lucida e competente, basato su una scrittura solida, logica e senza sbavature. La narrazione scorre come un meccanismo ben oliato, mentre esplora l'intreccio delle diverse linee temporali, i cronoparadossi e la miscela di disperazione e violenza del presente, mescolando la cerebralità di una fantascienza realistica all'azione e alla violenza grottesca ed esagerata dei "neri" urbani e hard-boiled. E' particolarmente felice e spiazzante la sequenza temporale che riassume gli eventi di una possibile linea temporale in cui Gordon-Levitt invecchia fino a divenire Willis, con un'operazione di trucco ed effetti speciali che ci convince che i due attori siano davvero la stessa persona in diverse epoche: se fino a questo momento il film è stato efficace e coinvolgente in termini di fascino cerebrale dell'affascinante contesto spaziotemporale che illustra con chiarezza, da qui in poi il film diviene invece coinvolgente a livello più viscerale, emotivo e intimo, perchè lo spettatore inizia a identificarsi con entrambi i personaggi, Joe Giovane e Joe Vecchio, comprendendo il punto di vista di entrambi e divenendo incapace di scegliere per chi parteggiare nella loro lotta per salvare ciò che hanno di prezioso nella vita.

 Bruce Willis interpreta quasi se stesso, nel proporre il classico personaggio dell'uomo d'azione (veramente qui un sicario) che è stanco e solo e ha perso tutto, ma non vuole mollare.
 Gordon-Levitt è perfettamente a suo agio nei (soliti) panni del "fighetto" arrogante e scattante, elegante e agile, che si sposta senza fatica dalla vita godereccia dei night-club agli ammazzamenti a comando, dai quartieri della malavita organizzata alla tranquillità della casa in campagna dove lo attende una seducente e volitiva Emily Blunt (impegnata nel solito ruolo della donna vedova con figlioletto, che diventa una tigre per difenderlo, e tira fuori la grinta e fa tutto ciò che farebbe un uomo nel mandare avanti una sterminata coltivazione di granturco da sola).

 Come la fotografia è scrupolosamente corretta e professionale nell'illustrare le periferie urbane decadute e la campagna automatizzata, così anche la colonna sonora si impegna per produrre veloci  musiche tecno-urbane in cui mescola la freddezza "industriale" e certi ritmi vagamente tribali, con cui sottolinea la regressione dell'umanità (nel suo insieme) in questo futuro per nulla distopico.

 La risoluzione narrativa del film merita probabilmente una nota a parte, sfiorando il rischio di rovinare la sorpresa. In essa si mescolano logica, coerenza, eroismo, nobiltà e sacrificio, quando Gordon-Levitt porta immancabilmente alla maturità il proprio personaggio, chiudendo il cerchio ("loop") in tutti i sensi, dalla crescita personale al paradosso temporale, fino alla risoluzione dei destini che incombevano sui comprimari: è letteralmente l'epica fantascientifica, riassunta fulmineamente in un solo, emozionante gesto minimalista.

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