giovedì 16 dicembre 2021

"The Corridor" (2010)

"The Corridor" (2010), scritto da Josh MacDonald e diretto da Evan Kelly, è un film Canadese in bilico tra l'orrore psicologico e la fantascienza, realizzato non proprio a basso costo, ma quasi.

Un gruppo di quattro amici ormai adulti si raduna in una baita tra monti innevati, per ricucire i rapporti dopo che, nella loro giovinezza, la follia e la morte della madre di uno di loro indussero un episodo di violenza psicotica nel figlio. Ognuno con una vita insoddisfacente, i quattro amici cercano di salvare le apparenze, mantenendo segreti i propri fallimenti. Ma proprio vicino alla baita (che apparteneva alla defunta madre, e presunta folle), attratto dalla loro presenza, si manifesta il Corridoio: un'entità di energia non ostile, ma il cui tentativo di stabilire un collegamento con gli esseri viventi che la attraversano si traduce in effetti disastrosi. Le facoltà mentali si espandono, i freni inibitori cadono e la violenza incontrollabile si scatena. Diventa chiaro che le visioni deliranti della defunta, dopotutto, non erano affatto visioni. La lotta disperata per impedire al Corridoio di raggiungere la vicina città si chiude con un sacrificio di sangue, e solo uno dei quattro giovani sopravvive, con il peso della tragedia sulle spalle.

Stroncato dai più per la superficialissima somiglianza col film "Dreamcatcher" (2003), in Italia "L'acchiappasogni" (tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King), "The Corridor" soffre probabilmente di un'eccessiva cripticità narrativa, che ha indotto parecchi spettatori ad affossarlo aggrappandosi alla scusa dell'inesistente plagio, quando in realtà il loro problema è quello di non aver capito cosa accade nel film.

Probabilmente la causa è un'aspettativa disattesa per coloro che desideravano una produzione più in linea con il sensazionalismo effettistico di Hollywood. Il basso stanziamento finanziario del film motiva l'assenza di grandi effetti speciali, ma non si tratta di un difetto, bensì di un obiettivo: agli autori non interessano e alla trama non servono, in quanto l'intenzione non è di raccontare una storia fracassona infarcita di visuali spettacolari , bensì di inquietare tramite il contrasto tra la serena e algida banalità di ciò che si vede e il prodigio (benchè pernicioso) dell'arcana e invisibile trasformazione che i personaggi subiscono nei loro cervelli, con solo pochi momenti (abbastanza felici) di elementi digitali a sottolineare che una certa soglia è stata superata e non si può più tornare indietro. L'elemento più efficace e spaventoso del film, infatti, è proprio l'apparente staticità del Corridoio, che si manifesta visivamente solo in certe occasioni, e soltanto per diventare inarrestabilmente più ampio (minacciando quindi di portare il caos negli insediamenti vicini), lasciando al'immaginazione dello spettatore il compito di connettere la sua apparente innocuità all'orrore di violenza e sangue in corso. La regia, volenterosa come la sceneggiatura, si impegna a fondo nello sfruttare le immagini genuine del luogo isolato, tra abeti e nevi delle montagne canadesi, nel gelido silenzio disabitato, stabilendo così una simmetria di orrore, saggiamente mai esplicitata, tra il territorio disabitato e la manifestazione soprannaturale occulta, il cui scopo, paradossalmente, è espandersi in quel nulla per vincere l'indecifrabile solitudine cosmica di cui è afflitta.

Nonostate le buone intenzioni dello sceneggiatore e del regista, che partono quindi da un'idea più che valida e interessante, il film risente di un punto debole facilmente attaccabile. I personaggi sono dettagliatamente caratterizzati, sia in termini di personalità sia in termini di storia, ma non fanno presa. La recitazione degli attori è altrettanto onesta e volenterosa, ma poco convincente. I dettagli delle vite dei personaggi si rivelano, in definitiva, irrilevanti: la loro presenza è strumentale per il momento della scoperta (da parte del solo spettatore) della connessione mentale indotta nei personaggi dal Corridoio, ma cospira a lasciare una sensazione di trama irrisolta quando la violenza del finale elimina i personaggi e cancella quindi i dilemmi delle loro vite. Resta impressa, per la sua bruttezza, la falsa calvizie di uno degli attori, che si è letteralmente rasato la parte superiore della testa, eccetto un ciuffo, per simularla: è una conseguenza inevitabile della selezione di un cast relativamente giovane a cui si chiede di interpretare un ruolo adolescenziale prima e da adulto poi. Bisogna comunque riconoscere all'attore una certa dedizione al lavoro, per essersi reso così impresentabile durante le riprese.

Nonostante il film abbia quel sentore di mezzi modesti tipici della produzione indipendente, quindi, la sua visione non è sconsigliata, perchè la narrazione esercita comunque un certo interesse nello spettatore, regia e ambientazione evocano il fascino arcano della natura selvaggia in cui albergano presenze inconoscibili, i personaggi non infastidiscono più di tanto e il finale riesce comunque a stimolarne il desiderio di riesaminare la trama per ricavare una struttura e un senso dall'originale idea di partenza.

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