Cinemegatropolis. Divagazioni su film arbitrariamente scelti da qualcuno per se stesso
Entra anche tu nel gorgo della spirale cine-mistica.
sabato 22 luglio 2023
"The Lodgers" - "The Lodgers - Non infrangere le regole"
martedì 7 marzo 2023
Franklyn (2008)
Spiazzando completamente lo spettatore (ingannato, all'epoca dell'uscita nelle sale, da anteprime che annunciavano un film nello stile di V for Vendetta), le vicende di una brulicante e distopica megalopoli senza tempo, caratterizzata da colossali e soffocanti architetture gotiche, si alternano a quelle della Londra moderna del nostro mondo. Nella megalopoli di Meanwhile City (Città di Mezzo), dove la Polizia Clericale perseguita chiunque non aderisca a una delle innumerevoli religioni ufficiali, si muove il giustiziere mascherato Jonathan Preest, mentre a Londra si intrecciano le tormentate vite dell'artista Emilia, intenta a giocare col suicidio, del giovane Milo dal cuore spezzato, abbandonato sull'altare, e dell'anziano e religioso David, in cerca del figlio scomparso dopo essere stato dimesso da un'imprecisata istituzione.
Da questa ambiziosa visione narrativa scaturisce un film in cui è divertente perdersi, per poi ritrovare la strada tramite gli indizi che portano alla risoluzione degli enigmi incontrati, e infine restare deliziati da come la spiegazione razionale offerta in conclusione venga comunque sfumata fino a recuperare l'ambiguità della duplice realtà iniziale: i personaggi di fantasia, svaniti quando i protagonisti raggiungono la catarsi e predono atto della realtà, non sono così immaginari come credevamo, e se ci si crede veramente, le proprie convinzioni possono divenire una realtà che si sovrappone a quella oggettiva. La spiegazione finale, con i suoi molteplici livelli di lettura, convince e affascina, evitando di sommergerci coi didascalismi, e ci riesce con tale efficacia da spingerci a riguardare il film da capo, sfruttando la consapevolezza acquisita per scoprire e apprezzarne ancora di più le sfumature e dettagli.
mercoledì 14 dicembre 2022
The Nice Guys (2016)
The Nice Guys (2016), diretto da Shane Black e scritto da Anthony Bagarozzi e dallo stesso Shane Black, è una commedia nera statunitense in cui si intrecciano azione, giallo e umorismo.
E' il 1977, e a Los Angeles l'investigatore privato Holland March (Ryan Gosling) e il picchiatore Jackson Healy (Russel Crowe) si scontrano casualmente, mentre il primo indaga sulla scomparsa della pornoattrice Misty Mountain e il secondo deve spaventare chi si è messo sulla pista di una tale Amelia Kuttner. Dopo i primi attriti, i due scoprono che c'è un legame tra il caso del primo e la mandante del secondo, e finiscono per collaborare nel dipanare quello che si rivela essere un intreccio sempre più complesso: dall'ambiente della pornocinematografia risalgono fino ai più alti livelli del Dipartimento di Giustizia, nonché all'ambiente dell'industria automobilistica di Detroit, in un sorprendente carosello di azione, colpi di scena, trovate e rivelazioni che stravolge le loro vite.
Il punto di forza di questo notevole film è la coppia di protagonisti, così radicalmente diversi fra loro (e quindi in costante conflitto) da funzionare meravigliosamente, come è richiesto nel genere cinematografico dei buddy cops, cioè film sulle coppie improbabili ma efficaci di poliziotti, legati da un'amicizia che si nasconde dietro i loro continui screzi. Non a caso, l'autore e regista è quello Shane Black che ha scritto anche il celebre Letal Weapon (1987), in Italia Arma letale. A questo elemento portante si sovrappongono con naturalezza altri strati di una narrazione ispirata, capace di essere brillante un momento, e tetra quello successivo, coinvolgendo con naturalezza le più diverse questioni che tenevano banco negli anni 1970.
Con una sceneggiatura compatta e fluida, che fila come un treno, servita da dialoghi affilati in cui la serietà si alterna al paradosso e a un umorismo che sconfina nel surreale, con momenti memorabili, il film ricostruisce con accuratezza l'epoca e la cultura degli anni 1970 a Los Angeles e, di riflesso, nel resto degli USA metropolitani, citandone le diverse facce in un gioco di richiami e contaminazioni che mescola realtà e finzione, immaginazione e sogno, coinvolgendo persino il personaggio di John Boy della serie televisiva The Waltons (Una famiglia americana), la quale andava per la maggiore all'epoca. Inarrestabile nel descrivere senza condannare apertamente, il film ha in serbo una dose di sberleffi per chiunque e per qualunque cosa, dai vertici delle istituzioni pubbliche a quelle private, giù fino al sottobosco della pornografia e al movimento dei giovani contestatori ecologisti (lasciandoci comunque sospettare che, per quanto confusi, abbiano ragione loro).
Nonostante il cinismo distribuito a piene mani, e il finale amaro della vittoria di Pirro contro una classe dirigente che è troppo avida e famelica per cambiare la propria natura, anche davanti all'evidenza dei danni che causa, il film ha una matrice consolatoria neanche troppo nascosta, che si incarna nella vivace e positiva (ma tutt'altro che perfetta) figlia adolescente dell'investigatore March, il cui apporto alla trama è fondamentale, soprattutto nei momenti comici e umani. Per quanto sconfitti sulla lunga distanza, i protagonisti hanno ottenuto una vittoria temporanea, più simile forse a una tregua che non altro, riscattandoli moralmente agli occhi della ragazzina, e ciò è sufficiente per far ripartire le loro vite.
La trovata surreale più memorabile di tutte, che bisogna sottolineare con forza, è quella relativa a Richard Nixon, presidente degli USA dal 1979 al 1974, famigerato per il sostegno del suo governo al sanguinoso colpo di stato in Cile e per lo scandalo Watergate: come la serie animata The Simpsons, anche The Nice Guys trova il modo per mettere questo soggetto sottilmente alla berlina dando l'impressione di fare solo umorismo grossolano.
L'efficace alchimia tra i due attori protagonisti, elogiata dalla stragrande maggioranza della critica, è talmente preponderante che mette in ombra gli altri personaggi, eccetto ovviamente Holly March, la ragazzina figlia di Holland interpretata con grinta e varietà di toni da Angourie Rice. Da segnalare un ruolo minore per Kim Basinger, cinica dirigente del Dipartimento della Giustizia e madre snaturata, la quale si ostina a mantenere il suo look storico di fatalona sexy, che alla sua età forse stona un pochetto col ruolo che interpreta (o forse contribuisce invece a stigmatizzare proprio la falsità e l'egoismo di tale personaggio).
Lavorando secondo la stessa filosofia della luminosa regia con le sue ottime ricostruzioni visive degli ambienti e dell'estetica degli anni 1970, la colonna sonora adotta il tono esuberante e spensierato della cultura musicale di quegli anni, e offre numerose citazioni delle colonne sonore di diversi spettacoli televisivi di successo del'epoca. Questa scelta deliberata del compositore John Ottman, che accompagna la duplice caratterizzazione dei protagonisti nel creare un contrasto con il tono nero della trama e degli eventi portanti della narrazione, dimostra quanto il film sia stato felicemente concepito e sviluppato con chiarezza di intenti e armonia degli autori.
venerdì 11 novembre 2022
Gods of Egypt
lunedì 7 novembre 2022
"A Monster Calls" - "Sette minuti dopo la mezzanotte"
Il dodicenne irlandese Connor O'Malley vive un'adolescenza difficile, tra la madre gravemente malata, il padre assente e divorziato che vive negli Stati Uniti, l'algida nonna che pensa solo al lavoro e i compagni di classe che lo bullizzano. Incapace di elaborare il dolore e i propri sentimenti, Connor riceve aiuto dal proprio inconscio, che si manifesta nei suoi sogni a occhi aperti sotto forma di un colossale mostro arboreo, forma umanizzata di un albero di tasso che sorge in un cimitero vicino alla casa di Connor. A ogni sua visita notturna, il mostro racconta a Connor un ingannevole racconto fantastico e moraleggiante, che funge da catalizzatore catartico e che serve al ragazzino per affrontare (in maniera drammatica e violenta) i propri blocchi psicologici, nonché a elaborare le emozioni che sta reprimendo (e che si risolvono nella forma di un ultimo racconto, opera dello stesso Connor).
Con i toni della favola (certi eventi estremi causati da Connor nella "realtà" non hanno le conseguenze che la logica e la legge richiedono), questo complesso film è un racconto del passaggio all'età adulta (o se si preferisce una definizione impropria, ormai costantemente abusata e usata a sproposito, un "romanzo di formazione"), classico dal punto di vista del concetto, ma narrato in maniera originale, e arricchito da un'insolita venatura gotica, densa di simbolismi e simmetrie. L'albero di tasso, che qui si presenta al ragazzo come albero curativo, è un albero velenosissimo, ma una sua molecola è effettivamente usata anche per terapie mediche antitumorali, e sorge in un cimitero (che nel mondo onirico è l'ossessione di Connor, nonché il luogo della sua catarsi); dal mostro non giunge la cura per la madre malata, come spera Connor, ma piuttosto la cura per la psiche dello stesso Connor, la quale culmina proprio con l'inevitabile morte della madre; costei, lungi dall'essere una semplice vittima della vicenda, è in realtà fattrice della salvezza del figlio, perché, come si scopre nel finale, la figura del mostro-albero scatturisce proprio dal lascito culturale e immaginario che lei gli ha amorevolmente trasmesso con il proprio talento artistico. Sono da notare anche le numerose e variegate annotazioni, che vanno dalla sfaccettata caratterizzazione del protagonista (tutt'altro che una semplice vittima da compatire stucchevolmente, ha invece i suoi difetti e lati oscuri) alle convinzioni culturali dell'autore (non importa quali disastri combini, Connor non viene mai punito dagli adulti, che di fronte alla sua domanda "non sarò punito?", danno sempre la programmatica risposta "A che scopo?).
In questo interessante impianto narrativo, di per sé già accurato e ragionato, notevoli sono i tre racconti del mostro, sia per la concezione di ambigue fiabe dove il bene e il male sono difficili da riconoscere, sia per l'esecuzione tecnica: si tratta infatti di sequenze animate con una tecnica stilizzata e impressionista, molto evocativa e incisiva, che riflette con efficacia il messaggio trasmesso dalle storie. Nel percorso di acquisizione dell'autoconsapevolezza del protagonista, quindi, rientrano anche le scelte tecniche come questa, apice di una regia competente, le cui cupe scelte visive e cromatiche e la cui fotografia dimostrano una profonda comprensione del testo che vogliono narrare.
Nel ristrettissimo gruppo di attori, il giovanissimo scozzese Lewis MacDougall (classe 2002) svolge un ottimo lavoro, aiutato anche dalla sua peculiare fisionomia, nel raffigurare il bizzarro e indecifrabile protagonista, col suo carattere chiuso e ostico. Nei panni dell'efficiente e gelida "nonna in carriera" c'è nientemeno che Sigourney Weaver, attrice che pur essendo del 1949, è sempre così in forma da essere poco credibile nei panni di una nonna (a meno che la figlia non abbia al massimo 22 anni), e per metà del film ci si aspetta che butti via le palandrane per imbracciare un lanciafiamme e bruciare il mostro-albero. Quest'ultimo, notevolmente ben visualizzato dalla grafica computerizzata, vanta il notevole apporto della voce cavernosa ed evocativa di Liam Neeson, che gli conferisce la giusta dimensione di solenne e sfuggente creatura ancestrale, a metà tra il genius loci e l'archetipo psicanalitico.
mercoledì 19 ottobre 2022
"Butch Cassidy and the Sundance Kid" (1969) - "Butch Cassidy"
"Butch Cassidy and the Sundance Kid" (1969), in Italia "Butch Cassidy", scritto da William Goldman e diretto da George Roy Hill, è un film statunitense liberamente basato sui fatti storici della vita (e morte) dei due celebri fuorilegge del selvaggio West, Robert LeRoy Parker, noto come Butch Cassidy e Harry Longabaugh, il "Sundance Kid".
La storia della critica di questo film rispecchia l'evoluzione del giudizio dello spettatore medio dopo la prima visione, che è acilmente di tipo sconcertato a causa delle spiazzanti e numerose trovate che ne caratterizzano la natura abbastanza unica (se si escludono gli emuli degli anni a venire): si va infatti dalla reazione iniziale, di stroncatura senza appello (con paragoni alla serie televisiva Batman del 1966), fino alla rivalutazione che lo portò all'undicesimo posto delle 101 migliori sceneggiature di film della Writers Guild degli Stati Uniti d'America (che, modestamente, in originale si fa chiaramare Writers Guild of America).
Il motivo della prima reazione è da cercarsi nelle aspettative che questo film ingenera, visto che si tratta tecnicamente di un film del genere Western avventuroso biografico (classificazione italiana) che dovrebbe quindi tradursi in una narrazione seria, dura ed epica. Queste aspettative si scontrano ben presto con la sua effettiva natura di Western Buddy (classificazione statunitense), cioè di film sull'amicizia virile, declinata tanto nei toni avventurosi quanto e soprattutto in quelli assai spiazzanti della commedia brillante, con dialoghi umoristici che sconfinano nel dissacrante e una sconcertante colonna sonora volutamente decontestualizzata (con il picco conteso tra Raindrops Keep Fallin' on My Head e il brano a cappella South American Getaway). Lo spettatore è però messo in guardia già nella dichiarazione in apertura, secondo la quale "quasi" tutto ciò che racconta il film è vero. La componente biografica della classificazione italiana, infine, va presa con le pinze, dato che nel trasformare i due fuorilegge in simpatici antieroi, per forza di cose, è necessario edulcorare parecchi elementi storici (in particolare, il film sfiora solo brevemente la storia del Mucchio Selvaggio, la banda di Butch Cassidy e Sundance Kid, che si rifugiava insieme ad altre bande di fuorilegge nel passo Hole-In-The-Wall).
Il film è stato prodotto nel 1969, e non può quindi che appartenere al crepuscolo del genere Western, e nella sua iconoclastia beffarda è anche inevitabilmente contaminato dallo spirito sessantottino dell'inno all'anarchia: infatti i due simpatici protagonisti sono fuorilegge e rapinatori che vivono in maniera spensierata e ironica la loro condizione di ladri, al di fuori delle regole della società, e nel finale vanno incontro alla morte con una miscela di spirito umoristico e di "eroismo" che li eterna nell'immaginario, celebrandoli come figure memorabili per la loro ribellione al sistema, in una sequenza conclusiva che è memorabile per l'epoca, e infatti fu e viene continuamente "cannibalizzata" da innumerevoli altri film, fumetti e romanzi.
E' questa chiave di lettura che porta a rileggere e rivalutare il film, comprendendo finalmente (anche se in ritardo, e richiedendo una seconda visione) le intenzioni dello sceneggiatore e del regista di andare oltre gli schemi convenzionali del film Western (comunque già sfidati, contaminati e ampliati anche da altri registi). Il contrasto e il ribaltamento di ruoli sono una costante della narrazione, della caratterizzazione, della lettura storica: la posse di sceriffi, giudici e guide indiane che bracca i due fuorilegge, implacabile e inarrestabile come un Terminator, ci appare come una congrega di fanatici e violenti, in opposizione alla galanteria bonaria dei due rapinatori; le peripezie dei due personaggi hanno un tono picaresco che salta dal drammatico all'umoristico al surreale (quando Sundance Kid trova Butch Cassidy che corteggia la sua donna, Etta Place, prima gli chiede spiegazioni, poi gli dice di tenersela e farne ciò che vuole); Butch Cassidy, il "genio" delle rapine al treno, dalla parlantina sciolta e dalla reazione sempre pronto, è anche lo stesso che sperimenta il nuovo veicolo, la bicicletta, per divertirsi buffonescamente e a lungo Etta Place, accompagnato dalla canzone Raindrops Keep Fallin' on My Head, che porta il film a invadere il campo del musical romantico; la decisione di Butch Cassidy e Sundance Kid di mettere la testa a posto in Bolivia, diventando guardie giurate che scortano i trasporti di valuta, sfocia nei loro primi omicidi a sangue freddo, lasciandoli entrambi amareggiati; e ancora, l'esercito boliviano che si raduna per porre fine alle scorrerie di questi due ladri aprendo il fuoco in massa e in maniera feroce, appare come la risposta spropositata di una legalità dispotica e oppressiva fino all'omicidio ingiustificato, che i due affrontano a testa alta con un valore e una tenacia che li fa passare per eroi vittime di un potere tirannico; alla fine, l'amicizia dei due protagonisti rappresenta la vera e unica forma di umanità del film, contrapposta ai gelidi e sterili rapporti esclusivamente utilitaristici che si istaurano invece tra tutti i personaggi che stanno dall'altra parte della barricata (imprenditori, funzionari pubblici, dipendenti, militari, banchieri e via di "sistema").
La regia, dedita a dare il massimo a un progetto in cui crede sentitamente, si impegna infatti a fondo per elargire immagini estremamente curate e per sfruttare a pieno le numerose ambientazioni esterne in cui è girata praticamente tutta la pellicola, lontana dagli scenari prefabbricati e sensibilmente falsi di Hollywood. Da segnalare, in quest'ottica, la sequenze di montaggi d'epoca, virati sul seppia, di filmati veri dell'epoca Western mescolati a materiale appositamente girato e quasi indistinguibile dalle vere immagini degli anni 1910-20 (se non per la presenza degli attori): è un altro elemento che contribuisce a sottolineare i contrasti di cui vive il film, insieme alla sequenza "muta" delle scorribande in Bolivia (con le forze dell'ordine che inseguono i due fuorilegge in modo crescentemente comico, fino alla riproposta dello stesso filmato, ma specularmente invertito) ,punteggiata dalla beffarda e giocosa colonna sonora di South American Getaway, eseguita da un gruppo armonico vocale.
domenica 9 ottobre 2022
Locke (2013)
Chi frequenta il mondo del fumetto giapponese, probabilmente conosce il manga o l'anime di Glass No Kamen, che dal 1976 racconta le peripezie di una talentuosa ma sfortunata ragazzina che vuole affermarsi come attrice. Tra le varie avversità che affronta, la protagonista si trova un giorno a dover salvare uno spettacolo teatrale andando in scena da sola, senza i colleghi attori, e recitando in modo tale da trasmettere al pubblico con chiarezza, non solo la vicenda, ma anche le atmosfere e le emozioni, dalla tensione all'umorismo al mistero. Incredibilmente, la ragazzina ci riesce e ha un enorme successo.
Il film Locke si basa sullo stesso principio: al termine di una giornata di lavoro, il capocantiere Ivan Locke (Tom Hardy), all'indomani di un momento cruciale per un'impresa colossale per la sua azienda, sale sull'automobile e parte per una località sconosciuta. Da questo momento, la telecamera segue e inquadra soltanto lui, per un'ora e venticinque minuti di viaggio notturno, durante i quali Locke fa una serie di telefonate che, progressivamente, ci raccontano la sua situazione familiare e lavorativa, mentre il mistero della sua improvvisa dipartenza si svela un tassello alla volta, e Locke deve affrontare le due crisi che ne scaturiscono, in quanto rischia di perdere non solo il lavoro, ma anche la famiglia. Nel crescendo di tensione generato dalla conclusione di ogni telefonata, che lascia lo spettatore in attesa, e curioso di saperne di più, si delinea anche la psicologia del personaggio, nei suoi rapporti con la moglie, col figlio, con i colleghi di lavoro (e amici), con il padre defunto (nelle scene in cui parla da solo, rivolgendosi al genitore e svolgendo un'autoanalisi biografica), e con la persona che lo attende alla meta del suo viaggio.
Come ha detto un critico, questo è un film da gustare di sera, al buio, nel silenzio di un cinema piccolo o di una stanza ben isolata dal resto del mondo, per poterne apprezzare la grande qualità complessiva di costruzione e atmosfera, immergendosi sempre di più nella sfida e nelle difficoltà del protagonista. Non c'è solo la solida sceneggiatura, che gode di una scrittura compatta, cristallina e senza sbavature, ma anche e soprattutto la notevole prova della recitazione di Tom Hardy, che deve rendere tutte le sfumature del suo complesso personaggio (un uomo che ha commesso un errore in passato, se ne addossa tutte le responsabilità e le affronta, pur sapendo di perdere tutte le conquiste di una vita, e ciò nonostante si impegna anche per rispettare tutti gli impegni presi col lavoro e con la famiglia) e degli altri attori che non compaiono neppure in scena, e devono interpretare i propri personaggi come in un dramma radiofonico, raccontandone la crisi, le reazioni e la psicologia col solo aiuto della voce. La regia, che sulla carta sembra non esistente, è in realtà un altro elemento fondamentale: con le poche inquadrature a disposizione, racconta visivamente il personaggio rafforzandone l'epopea con l'efficace resa dell'atmosfera intima e angosciante, grazie all'uso accorto e versatile degli elementi luminosi e sonori del viaggio notturno in autostrada.
L'umanità dei personaggi è l'elemento fondamentale del film, che ci mostra tipologie di esseri umani in cui lotta per sopravvivere quella decenza e quella considerazione del prossimo, che oggi, nell'epoca in cui imperano e prosperano i lupi plautiani del neoliberismo, sembrano sulla via dell'estinzione. Lo si vede non solo nella determinazione di Locke a rispondere di tutte le proprie scelte e a non abbandonare nessuno, ma anche nelle reazioni di quelli che sembrano suoi meri colleghi di lavoro, e che hanno invece stabilito con lui un rapporto di fiducia e amicizia che li porta quasi a sfidare i loro stessi superiori per lui; lo stesso vale per il figlio di Locke, come anche per la persona che lo attende alla destinazione del suo viaggio. A uscirne male, rappresentando l'altro volto dell'essere umano, è la moglie, che nella miglior rappresentazione dell'egoismo ed egocentrismo che avvelena la coppia, si erge a giudice, giuria e boia in un istante, buttando alle ortiche ogni forma di comprensione per rivelare invece quello che deve essere stato un astio latente verso il marito, covato magari per anni, e che ora, alla prima occasione, si scatena in una manifestazione fanatica di condanna, che rinnega il rapporto di coppia da lei stessa voluto, in nome dell'individualismo che, nella mentalità moderna veicolata dal capitalismo, conta più di qualunque altra cosa e va imposto schiacciando gli altri con ogni mezzo, fino alla vendetta travestita da giustizia intransigente.