domenica 9 ottobre 2022

Locke (2013)

"Locke", scritto e diretto da Steven Knight, è un sorprendente film britannico del 2013 con un solo attore in scena.

Chi frequenta il mondo del fumetto giapponese, probabilmente conosce il manga o l'anime di Glass No Kamen, che dal 1976 racconta le peripezie di una talentuosa ma sfortunata ragazzina che vuole affermarsi come attrice. Tra le varie avversità che affronta, la protagonista si trova un giorno a dover salvare uno spettacolo teatrale andando in scena da sola, senza i colleghi attori, e recitando in modo tale da trasmettere al pubblico con chiarezza, non solo la vicenda, ma anche le atmosfere e le emozioni, dalla tensione all'umorismo al mistero. Incredibilmente, la ragazzina ci riesce e ha un enorme successo.

Il film Locke si basa sullo stesso principio: al termine di una giornata di lavoro, il capocantiere Ivan Locke (Tom Hardy), all'indomani di un momento cruciale per un'impresa colossale per la sua azienda, sale sull'automobile e parte per una località sconosciuta. Da questo momento, la telecamera segue e inquadra soltanto lui, per un'ora e venticinque minuti di viaggio notturno, durante i quali Locke fa una serie di telefonate che, progressivamente, ci raccontano la sua situazione familiare e lavorativa, mentre il mistero della sua improvvisa dipartenza si svela un tassello alla volta, e Locke deve affrontare le due crisi che ne scaturiscono, in quanto rischia di perdere non solo il lavoro, ma anche la famiglia. Nel crescendo di tensione generato dalla conclusione di ogni telefonata, che lascia lo spettatore in attesa, e curioso di saperne di più, si delinea anche la psicologia del personaggio, nei suoi rapporti con la moglie, col figlio, con i colleghi di lavoro (e amici), con il padre defunto (nelle scene in cui parla da solo, rivolgendosi al genitore e svolgendo un'autoanalisi biografica), e con la persona che lo attende alla meta del suo viaggio.

Come ha detto un critico, questo è un film da gustare di sera, al buio, nel silenzio di un cinema piccolo o di una stanza ben isolata dal resto del mondo, per poterne apprezzare la grande qualità complessiva di costruzione e atmosfera, immergendosi sempre di più nella sfida e nelle difficoltà del protagonista. Non c'è solo la solida sceneggiatura, che gode di una scrittura compatta, cristallina e senza sbavature, ma anche e soprattutto la notevole prova della recitazione di Tom Hardy, che deve rendere tutte le sfumature del suo complesso personaggio (un uomo che ha commesso un errore in passato, se ne addossa tutte le responsabilità e le affronta, pur sapendo di perdere tutte le conquiste di una vita, e ciò nonostante si impegna anche per rispettare tutti gli impegni presi col lavoro e con la famiglia) e degli altri attori che non compaiono neppure in scena, e devono interpretare i propri personaggi come in un dramma radiofonico, raccontandone la crisi, le reazioni e la psicologia col solo aiuto della voce. La regia, che sulla carta sembra non esistente, è in realtà un altro elemento fondamentale: con le poche inquadrature a disposizione, racconta visivamente il personaggio rafforzandone l'epopea con l'efficace resa dell'atmosfera intima e angosciante, grazie all'uso accorto e versatile degli elementi luminosi e sonori del viaggio notturno in autostrada.

L'umanità dei personaggi è l'elemento fondamentale del film, che ci mostra tipologie di esseri umani in cui lotta per sopravvivere quella decenza e quella considerazione del prossimo, che oggi, nell'epoca in cui imperano e prosperano i lupi plautiani del neoliberismo, sembrano sulla via dell'estinzione. Lo si vede non solo nella determinazione di Locke a rispondere di tutte le proprie scelte e a non abbandonare nessuno, ma anche nelle reazioni di quelli che sembrano suoi meri colleghi di lavoro, e che hanno invece stabilito con lui un rapporto di fiducia e amicizia che li porta quasi a sfidare i loro stessi superiori per lui; lo stesso vale per il figlio di Locke, come anche per la persona che lo attende alla destinazione del suo viaggio. A uscirne male, rappresentando l'altro volto dell'essere umano, è la moglie, che nella miglior rappresentazione dell'egoismo ed egocentrismo che avvelena la coppia, si erge a giudice, giuria e boia in un istante, buttando alle ortiche ogni forma di comprensione per rivelare invece quello che deve essere stato un astio latente verso il marito, covato magari per anni, e che ora, alla prima occasione, si scatena in una manifestazione fanatica di condanna, che rinnega il rapporto di coppia da lei stessa voluto, in nome dell'individualismo che, nella mentalità moderna veicolata dal capitalismo, conta più di qualunque altra cosa e va imposto schiacciando gli altri con ogni mezzo, fino alla vendetta travestita da giustizia intransigente.

Nessun commento:

Posta un commento